Ragusa Sottosopra
n.4 del 31/07/2009
Sicurezza in città
Sergio Boncoraglio, Avvocato Ufficio Legale
Il 13 giugno scorso, presso la sala AVIS di Ragusa, si è tenuto un convegno su “I nuovi poteri attribuiti al Sindaco in materia di incolumità pubblica e sicurezza urbana”, organizzato dal Comune di Ragusa, in collaborazione con la rivista giuridica Diritto & Diritti (www.diritto.it). Dopo la breve introduzione del Comandante della Polizia Municipale di Ragusa, dott. Rosario Spata, sono seguiti i saluti dell’assessore alla Polizia Municipale, Michele Tasca, del dott. Franco Brugaletta, consigliere del T.A.R. di Catania e direttore della rivista giuridica Diritto & Diritti e dell’avv. Giorgio Assenza, presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Ragusa.
Tema del convegno la riforma dell’art. 54, comma 4, del D.Lgs. n. 267/2000 (Testo Unico degli Enti Locali ). Il citato art. 54 è stato, infatti, modificato dall’art. 6 del Decreto Legge n. 92/2008, convertito nella L. 125/2008, nell’ambito del cosiddetto “pacchetto sicurezza”. L’intervento del Legislatore ha investito vari settori; per quanto attiene ai poteri del sindaco, le novità essenziali introdotte nel nuovo art. 54 TUEL dalla L. 125/08 sono due. In primo luogo l’introduzione della locuzione “anche” nel contesto del comma 4 dell’art. 54 TUEL, che sembra aprire la strada ad un potere di ordinanza che, sebbene motivato ed ancorato alla necessità di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana, fermo il rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, resta sganciato dalla contingibilità ed urgenza, potendo dare corpo ad ordinanze di contenuto regolamentare (“ordinarie”), destinate a perdurare nel tempo su un determinato territorio. Qui si sono esplorati e andranno ancora approfonditi alcuni punti: la compatibilità costituzionale ed ordinamentale della previsione che normalizza sul piano temporale le “ordinanze contingibili e urgenti”; la relazione interna all’ente tra Sindaco e Consiglio Comunale, nonché tra Sindaco e Dirigenti; la prospettiva dell’identificazione del quadro sanzionatorio applicabile alla violazione delle ordinanze in parola.
In secondo luogo la circostanza che il comma 4 novellato amplia il campo di azione del potere del Sindaco di emanare ordinanze anche contingibili ed urgenti, prevedendo, quale situazione legittimante il provvedimento extra ordinem o meno che esso sia, anche il grave pericolo per la “sicurezza urbana” (che si affianca al grave pericolo per l’incolumità dei cittadini che ora viene ridefinita come incolumità pubblica).
Il nuovo art. 54, comma 4, quindi, ridefinisce il quadro dei presupposti e degli strumenti ai quali può fare ricorso il Sindaco per intervenire nella soluzione di problematiche territoriali ingeneranti condizioni di pericolo per i cittadini non solo legate a rischi per l’incolumità pubblica, ma anche costituenti minacce per la sicurezza urbana. Del potere di ordinanza si è occupata la dottoressa Leggio, Magistrato del T.A.R. di Catania, che ha osservato come storicamente i poteri monocratici sono stati sempre collegati alla necessità di attivazione in reazione ad un’incapacità dell’ordinamento di rispondere, con mezzi ordinari, alla contingenza che erano chiamati a risolvere; corollari concettuali erano l’urgenza e la necessità. Quanto alla loro natura giuridica, proprio la caratteristica della contingibilità, portava ad escluderli dal novero delle fonti del diritto, e la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 4/1997, negò che le ordinanze contingibili e urgenti avessero natura normativa. Anche dopo la riforma, si deve, però, ribadire che le ordinanze sindacali sono provvedimenti amministrativi sia che si rivolgano a destinatari determinati sia che dispongano per una generalità di soggetti e per una serie di casi particolari, ma sempre entro i limiti, anche temporali, della concreta situazione di fatto che si tratta di fronteggiare e che deve essere ben motivata.
La seconda novità è costituita dall’allargamento del campo di azione del potere del Sindaco ed è costituita dalla materia della “sicurezza urbana”, che fa il suo ingresso nell’ordinamento giuridico come ambito specifico di intervento del sindaco quale organo statale.
La sicurezza urbana da un lato evoca l’idea della difesa di interessi pubblici primari, quali l’integrità delle persone, la protezione dei possessi, sicché non può che rimandare all’esercizio di funzioni statali; dall’altra parte, la stessa evoca l’idea dell’incremento della qualità della vita della città, per cui non può che rimandare all’esercizio di compiti e funzioni locali. Una compiuta realizzazione delle esigenze connesse alla sicurezza urbana non può pertanto che venire dal concorso e dal coordinamento di funzioni e competenze diverse.
I riferimenti normativi contenuti nella legge di riforma e nel D.M. del 5.8.2008 fanno ritenere che la sicurezza urbana sia concetto più affine a quello di sicurezza pubblica.
Una definizione precisa del concetto difetta anche oggi a seguito della riforma di cui ci stiamo occupando, con la conseguenza che sarà compito della giurisprudenza definirne i confini.
La stessa legge, infatti, per un verso si pone il problema della nozione di sicurezza urbana e, per l’altro, rinuncia a delinearne il contenuto, affidando il nucleo concettuale ad un atto amministrativo.
Il D.M. dell’Interno del 5 agosto 2008 ha tentato di dare una definizione della sicurezza urbana, ma senza giungere, dal punto di vista giuridico, ad una definizione precisa.
L’art. 1 del D.M. definisce la sicurezza urbana come bene pubblico da tutelare attraverso attività poste a difesa, nell’ambito delle comunità locali, del rispetto delle norme che regolano la vita civile, per migliorare le condizioni di vivibilità nei centri urbani, la convivenza civile e la coesione sociale.
L’art. 2 disciplina l’ambito di applicazione dei poteri del Sindaco quale ufficiale di governo con riferimento all’incolumità pubblica ed alla sicurezza urbana.
Nel complesso il provvedimento sembra confermare l’approccio che della sicurezza urbana fornisce una lettura sul versante dell’ordine e della sicurezza pubblica, anche se la definizione dell’art. 1 sembrava aprire la strada ad una considerazione più complessa.
La sicurezza urbana è qualificata come un bene pubblico il cui contenuto non è nemmeno semplificativamente indicato, ma che è qualificato e definito dalle attività a sua tutela.
La tutela è realizzata attraverso iniziative concrete che servono ad assicurare e garantire l’effettività delle norme che regolano la vita civile. Qui si tocca un punto fondamentale, anche per la futura valutazione dei provvedimenti adottati dai sindaci: non sono le ordinanze a dover porre le norme che regolano la vita civile nella comunità locale; queste sono poste dalle fonti proprie, legislative e regolamentari, mentre le ordinanze devono contenere le eventuali misure concrete volte ad assicurarne il rispetto, in vista del risultato (effettività del rispetto delle norme poste a tutela della vita associata), in situazioni che non possono essere raggiunte con strumenti ordinari. Lo scopo di tali interventi, volti ad assicurare il rispetto delle norme, è poi quello dell’incremento della qualità della vita nei centri urbani. La prima di queste azioni è suggerita dallo stesso legislatore che ha approvato la Legge 125/08; l’art. 6 bis, modificando l’art. 16, comma 2, della Legge 689/1981, stabilisce che, previa deliberazione della giunta municipale, per le violazioni alle ordinanze ed ai regolamenti, si può variare l’importo del pagamento in misura ridotta.
Attraverso il riconoscimento del potere di ordinanza al Sindaco nelle materie dell’incolumità pubblica e della sicurezza urbana, il legislatore ha inteso attribuire al Sindaco il ruolo di specificazione della domanda di sicurezza dei cittadini; nell’esercitare i poteri conseguenti, però, deve raccordarsi con il Prefetto e questo vincolo procedimentale deriva dal carattere sotteso alla materia dell’ordine pubblico e sicurezza. Verosimilmente, la sicurezza urbana rappresenta quella porzione della sicurezza pubblica, intesa come funzione di polizia che, coniugata al principio di sussidiarietà e a quello di adeguatezza, resta fenomeno governabile quanto al provvedere in misure realisticamente meno impegnative di quelle che competono - per fenomeni più gravi - all’autorità provinciale o nazionale di pubblica sicurezza (art. 13 e art. 1 Legge n. 121/1981).
In questo contesto ricostruttivo, il confronto in sede locale con il Prefetto, al quale deve essere data tempestiva comunicazione dell’adozione dell’ordinanza, diventa uno strumento essenziale in relazione al fatto che, laddove la tematica sia stimata dall’autorità provinciale di pubblica sicurezza non meritevole di più impegnativi provvedimenti di sua competenza, dovranno essere concordati tra le parti gli strumenti ritenuti necessari per l’attuazione dei provvedimenti sindacali, in relazione al fatto che il Prefetto dispone dell’impiego della forza pubblica ed alla circostanza che, conformemente alle previsioni del 2° comma dell’art. 54 del TUEL, la Polizia locale può essere legittimamente chiamata a concorrere alla finalità attuativa, come prima, tra i soggetti della forza pubblica.
L’art. 2 del D.M. con una formulazione estremamente ampia definisce le aree di intervento del Sindaco, chiamato a prevenire e contrastare le situazioni urbane di degrado o di isolamento che favoriscono l’insorgere di fenomeni criminosi, situazioni in cui si verificano comportamenti quali il danneggiamento del patrimonio pubblico o privato, l’incuria, il degrado e l’occupazione abusiva di immobili, le situazioni che costituiscono intralcio alla pubblica viabilità o che alterano il decoro urbano, i comportamenti che possono offendere la pubblica decenza.
Quasi tutte le materie oggi interessate dai poteri di ordinanza sono fornite altrimenti di forme di tutela.
Proprio per questi motivi, le ordinanze sindacali legittimamente adottabili non sono quasi mai in deroga al diritto, ma si atteggiano ad “ordinanze normali”. La loro funzione è quella di affiancare forme di tutela in via amministrativa a differenti modalità di tutela previste da altre norme dell’ordinamento, orientandole nella direzione della preservazione della sicurezza sociale ovvero di specificare comportamenti comunque vietati da altre norme. Tali ordinanze finiscono per essere specificative di norme di legge o di regolamento.
La dott.ssa Monego, Sostituto Procuratore presso il Tribunale di Ragusa, ha, poi, affrontato il tema del quadro sanzionatorio conseguente alle violazioni delle ordinanze in parola.
In particolare, ha rilevato che, in linea generale, non dovrebbe esservi molto spazio per l’applicazione dell’art. 650 c.p., in virtù del principio di specialità stabilito dall’art. della L.689/1981 ed in virtù dell’art. 7 bis del TUEL che prevede delle sanzioni amministrative pecuniarie per la violazione di regolamenti e ordinanze comunali. Tra l’altro, la punibilità penale deve essere connessa ad un ordine destinato a persone specifiche e non si applica, quindi, alle ordinanze rivolte alla generalità dei cittadini.
Il prof. Raniolo dell’Università della Calabria ha, quindi, sottolineato che una risposta esauriente alla domanda di sicurezza dei cittadini non può venire solo dalle misure di controllo o repressive, ma anche da misure di prevenzione ambientale, promozione sociale, di riqualificazione urbana e di contrasto del degrado, migliorando così la qualità della vita dei cittadini e la loro percezione di soddisfazione e sicurezza.
Il Sindaco Nello Dipasquale, infine, nell’intervento conclusivo ha rilevato che ancora una volta il legislatore ha voluto attribuire nuovi compiti ai sindaci, considerati come l’autorità più vicina ai bisogni dei cittadini. Il problema rimane, però, che all’attribuzione di nuovi compiti spesso non corrisponde l’attribuzione delle risorse necessarie per attuarli.
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