Ragusa Sottosopra
n.5 del 30/10/2009
Archeologia subacquea - Il ritrovamento di un torso marmoreo in territorio ibleo
Nicolò Bruno, Archeologo Funzionario Soprintenza del Mare
La politica di divulgazione e formazione di enti pubblici e associazioni private, operata dalla Soprintendenza del Mare per la sensibilizzazione alla tutela e alla valorizzazione dei beni culturali sommersi, continua a dare i suoi frutti. Dopo il ritrovamento del Rostro a Messina, da parte di un militare della Capitaneria di Porto che aveva seguito un corso di archeologia subacquea presso la Soprintendenza del Mare, è la volta di una associazione di subacquei. La V edizione del Corso di Introduzione all'Archeologia Subacquea, orga-nizzato al Castello di Donnafugata (Ragusa) dalla Lega per le Attività Subacquee della UISP e dal Centro subacqueo ibleo “Blu Diving”, voluto e coordinato dalla Soprintendenza del Mare di Palermo, diretto dal Soprintendente Sebastiano Tusa, ha infatti riservato un'insperata sorpresa. La parte pratica del corso è stata eseguita all'interno dell’area del “Palmento” presso Punta Secca (RG), dove si ipotizza la presenza di un porto tardo romano - bizantino, legato al vicino abitato di Caucana.
All' interno dello specchio d’acqua sono noti da diversi decenni due relitti non ancora scientificamente indagati. Il corso prevedeva il rilievo di uno dei due relitti attualmente visibili e il prelevamento di campioni lignei per la datazione al Carbonio 14.
Durante una fase di didattica operativa, chiamata “ricognizione a pettine”, è stato individuato dalla corsista Barbara Ferrari di Massa Carrara un elemento litico di forma anomala, rivelatosi poi un frammento scultoreo in marmo di notevole interesse. In qualità di responsabile della ricerca subacquea per la Sicilia sud-orientale per la Soprintendenza del Mare, ho attivato le procedure di posizionamento GPS e di documentazione fotografica del reperto con l'ausilio degli archeologi esterni presenti al corso. Valutato l'effettivo pericolo di depredamento del manufatto per la vicinanza alla spiaggia affollata dai bagnanti, si è proceduto al suo recupero ed affidamento, in custodia temporanea, al locale Museo Archeologico Regionale di Camarina, grazie alla collaborazione del direttore del Museo, l’architetto Aldo Spataro.
Successivamente è stato trasferito nei locali della Soprintendenza del Mare a Palermo per il restauro e lo studio. Il contesto di ritrovamento del frammento scultoreo in una località con testimonianze archeologiche risalenti al IV-VII sec. d.C. apre molti interrogativi riguardo alla datazione o quantomeno alla sua presenza in quel luogo; infatti si tratta di un torso maschile di chiari stilemi classici, dunque di epoca precedente, riguardante una statua originariamente alta circa cm 100.
Probabilmente già da ora, dopo un'accurata indagine nell'area circostante caratterizzata dalla presenza di massi sparsi di zavorra utilizzati all'interno delle navi antiche, si potrebbe ipotizzare un riutilizzo del frammento a questo stesso scopo, considerata la forma cilindrica del busto. Nelle immediate vicinanze inoltre si nota un lieve dosso di sabbia alla cui sommità giace un cumulo di pietre di zavorra sotto il quale potrebbe celarsi un altro relitto.
Nelle vicinanze del busto, durante una ricognizione successiva, è stato documentato un frammento osseo umano. Il ritrovamento del torso marmoreo darà certamente un nuovo impulso alle ricerche. Il restauro del reperto, che permetterà di cogliere con puntualità le sfumature stilistiche e le analisi del marmo, consentendo di risalire alle cave di provenienza, permetteranno di inquadrare con maggiore precisione il frammento di statua.
Ad un primo esame autoptico il marmo sembre-rebbe di origine micrasiatica, ma sono in programma gli esami di laboratorio. Tutto il sito del cosiddetto “Palmento” è stato da qualche anno interdetto all’ancoraggio e a qualsiasi attività di pesca per preservarlo da un depredamento sistematico che ormai andava avanti da decenni ma che, come abbiamo potuto constatare, può riservare ancora molte sorprese. L’area sarà periodicamente oggetto di indagini sistematiche da parte della Soprintendenza del Mare con l’ausilio di volontari subacquei ragusani della Uisp, diretti da Maurizio Buggea. Molti contesti archeologici sono andati distrutti, ma un’oculata programmazione di ricerca, che prevede la mappatura, l’inserimento nel S.I.T. (Sistema Informativo Territoriale) di tutti i dati scaturiti dalle indagini e scavi sistematici sulle emergenze archeologiche più importanti, potranno sicuramente dare un contributo notevole alla storia di questo specchio d’acqua che probabilmente è stato frequentato per molti più secoli rispetto a quelli che fino ad ora sono stati ipotizzati.
L’archeologia subacquea in questi ultimi anni ha sicuramente fatto notevoli passi avanti grazie all’apporto dell’informatica. Nessun dato sarà disperso ed ogni singolo reperto, grande o piccolo che sia, sarà inserito all’interno di una piattaforma G.I.S. Georeferenziata. La contestualizzazione è dunque di primaria importanza per la ricerca e la ricostruzione storica di un’area archeologia. Ma ancora più importante è la divulgazione e la fruizione del bene. Appena sarà possibile, e in base ai dati che scaturiranno, tutti i reperti trovati all’interno dell’area del Palmento saranno riconsegnati, per decreto del dirigente generale del dipartimento Beni Culturali della Regione siciliana, al territorio ibleo ed esposti all’interno di una struttura museale locale, sicuramente la più idonea alla loro valorizzazione.
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