
Ragusa Sottosopra
n.6 del 30/12/2009
Chiesa di S.Giuseppe verso il restauro
a cura degli arch. Giovanni Giavatto e Carmela Maggiore (progettisti)

Inizialmente il progetto nasceva come “lavori di recupero e restauro conservativo del Convento delle Benedettine a Ragusa Ibla”. Poi diventa progetto di variante spostando l’intervento esclusivamente sulla chiesa di San Giuseppe bisognosa di opere urgenti di restauro sia all’interno che sul prospetto
La nascita della chiesa di San Giuseppe di Piazza Pola in Ragusa Ibla è legata alla fondazione del monastero benedettino di San Giuseppe. Non si può parlare, difatti, del monumento senza fare riferimento al monastero benedettino confinante, fondato nel 1588 ad opera di Carlo Giavanti, barone di Buxello e Saccubino che fece erigere sulle proprie case “un monastero di Montevergine sotto il titolo di San Giuseppe”. Queste proprietà confinavano con tre strade pubbliche: Piazza Maggiore (oggi Piazza Pola), via San Michele (oggi via Torrenuova) e via San Tommaso, oggi non più esistente. La committenza fu affidata a due fideicommissari che avevano il compito di costruire il monastero ed una chiesa annessa di San Giuseppe (posta a fianco del convento, nei locali dove oggi ci sono gli uffici comunali a lato di via Orfanotrofio). Benché il complesso era già stato realizzato a fine '500, fu solo nel 1611, dopo la morte del Giavante avvenuta nel 1606, che vi si stabilirono le monache di clausura. Durante il sec. XVII, il monastero e la chiesa ebbero tempi di crescente splendore, raggiungendo la comunità monastica il considerevole numero di 44 professe oltre le converse e le novizie. Il terremoto del 1693, che scosse la Sicilia orientale, fece crollare sia il monastero che la chiesa. La comunità monastica si disperse e le poche religiose rimaste si adattarono a continuare la vita monastica. Fecero costruire una baracca di legno in cui abitare ed una “cappilletta di pietra a sicco”, con funzione di chiesa in attesa di poter restaurare i fabbricati distrutti. Si dovette attendere il 1720, anno in cui tre monache professe, mandate nel monastero dal vescovo Asdrubale Termini, si adoperarono alacremente recuperando i capitali perduti nel terremoto, mettendo ordine nei conti ed iniziando la ricostruzione del fabbricato monastico e della piccola chiesa. La ricostruzione della chiesa, che sorgeva a fianco del monastero, avvenne verso il 1730; venne riedificata sulle macerie del terremoto e resa più maestosa dall'aggiunta di un fastoso “cappellone di bell'intaglio con nicchie e statue ai lati e con una vaga disposizione di otto colonne”, completato nel 1732 dal capomastro ragusano Carmelo Cult

L'incarico affidatoci ha portato a delle straordinarie e suggestive scoperte in fase di rilievo, riguardanti sia il complesso monastico che ancor di più la chiesa. Si è scoperto infatti che sotto i locali confinanti con l'abside vi sono spazi interrati che sarebbe interessante portare alla luce per scoprirne la reale estensione ai fini di una visione storica e costruttiva del complesso. Le attente e scrupolose operazioni di rilievo planimetrico, in particolare della chiesa di San Giuseppe, e le osservazioni e considerazioni che ne sono seguite hanno permesso di avanzare una ipotesi circa la genesi della sua particolare forma planimetrica, concepita come un “unicum” con le semplici, morbide e quasi riservate e senza imponenza, “gradonate” di ingresso poste nel sagrato. A noi è sembrata straordinaria la supposizione che la costruzione della chiesa si sia basata su un tracciato planimetrico che risponde ad un disegno ben preciso, anche se non se ne hanno notizie e documentazioni, per il rigore geometrico semplice cui obbedisce. Se il disegno planimetrico non è di un architetto, è di sicuro “frutto” della collaudata esperienza di mastri, capimastri e direttori. Come afferma il prof. Marco Rosario Nobile “i tesorieri contabili e i capimastri erano responsabili della lettura ed interpretazione dei disegni di fabbrica forniti dall'architetto”. Nel 1775, demolito il campanile di San Tommaso (il cui orologio fu rimontato nella facciata del duomo di San Giorgio appena completata), vengono innalzate le “fabbriche” della chiesa di San Giuseppe, già a buon punto essendo state completate le decorazioni scultoree del primo ordine della facciata. In questo stesso anno (1775) lo sculto


La perizia redatta per la fatiscente copertura testimonia come ne sia stato variato lo schema statico, infatti, “gli arcarecci sono poggianti su due muri in pietrame trasversali che insistono direttamente sulla volta con gravi conseguenze statiche per questa ultima.” Sembra che ci fossero lesioni vistose sulla superficie della cupola e specialmente negli archi di trionfo. Nel 1997 viene dato incarico di predisporre un progetto di manutenzione straordinaria con l'indicazione in particolare di verificare la struttura della copertura a tetto eliminando la spinta senza l'uso di tiranti in vista e sostituendo la struttura in acciaio realizzata nel dopoguerra. Oggi, è certo, che a causa di una non accurata e costante opera di manutenzione nel tempo, la chiesa ha accumulato e ha rivelato dei fenomeni di degrado e fessurazioni, localizzati nella sua imponente facci

Nel primo ordine al termine di una breve scalinata, che si diparte dal sagrato, si apre il portone d'ingresso decorato da un fregio a motivi vegetali; nel secondo ordine, in asse con il portone di ingresso, è posta una finestra anch’essa finemente ornata e decorata. Il punto di fragilità statico-strutturale è costituito proprio dalla composizione dei tre partiti di cui quello centrale, convesso e slanciato, è il più leggero e costituisce il partito meno solido staticamente di fronte ad eventuali azioni di assestamento del terreno o ad eventuali azioni sismiche, pur essendo sostenuto dagli altri due partiti posti lateralmente a modo di contrafforti di sostegno e serrato dal peso dell'insieme della cella campanaria e del fregio. Tale fragilità è anche “assecondata” da una struttura muraria non priva di segni di debole compattezza. Il miglioramento statico della facciata sarà conseguito con interventi “minimali”, non invasivi, non fortemente impattanti, in linea con le indi

L'intervento proposto è teso a migliorare la resistenza della struttura muraria senza apportarvi modifiche consistenti e con mezzi compatibili e soprattutto reversibili, lasciando inalterato lo schema statico strutturale, anzi operando nel senso di un suo irrobustimento. Le indagini diagnostiche hanno fornito quei dati necessari e sufficienti per valutare il comportamento statico del complesso strutturale del monumento storico. Le risultanze inducono a ritenere che non ci sono problemi in fondazione, così come, dall'analisi dei carichi e dal comportamento consequenziale, si può escludere la presenza di una patologia in atto che minaccia il monumento nella sua facciata. Si può dire che i “danni” concentrati nella facciata curva sono danni “antropici”, causati da una realizzazione poco corretta (vedi messa in opera dei conci di calcare non ben ammorsati tra loro, con le linee dei giunti sfalsate, qualità modesta dei materiali utilizzati per le murature interne formate da conci di forma eterogenea e con presenza di modeste cavità) ed attribuibili anche ad avvenimenti esterni, quali eventi sismici, vibrazioni da traffico urbano, soprattutto pesante. Le indagini e le informazioni delle tecniche costruttive delle murature del monumento ci dicono che esse sono costituite generalmente da murature a due facce, quella interna in pietrame rifinita con intonaco a calce, quella esterna con blocchi di calcare tenero compatto a pelle liscia lasciata a vista. La compartecipazione statica strutturale delle due murature è data dalle ammorsature di blocchi di calcare della facciata che si inoltrano nella muratura interna in pietrame e dalla qualità costruttiva delle due murature. La debolezza di una muratura, e quindi la comparsa di lesioni più o meno gravi, dipende dalla non corretta osservanza di queste elementari tecniche costruttive, come nel caso della chiesa di San Giuseppe. La scarsa compattezza delle murature interne contribuisce al sorgere di tali fenomeni, per cui, per bilanciare l'effetto ribaltamento che si manifesta nella facciata curva ci appare corretta l'idea di “cinturare” la facciata con due cerchiature in acciaio inox, posizionati in modo tale da non essere percepiti dal punto di vista del visitatore ed in corrispondenza, una, del cornicione del primo ordine e l'altra del secondo ordine.
Tale intervento deve essere preceduto da un irrobustimento delle murature interne, per ridare compattezza alla struttura e ricostruire quella omogeneità e robustezza che non le è stata data in origine.
Aggiungi questo link su: