Ragusa Sottosopra
n.1 del 04/02/2011
La Chiesa di San Rocco
Andrea Ottaviano, Storico
Oggi, dopo diversi interventi di restauro realizzati con i fondi della legge regionale 61/81, il monumento, divenuto auditorium, è stato restituito alla Parrocchia che ha sottoscritto con il Centro Servizi Culturali del Comune di Ragusa una convenzione per l'utilizzo della struttura a fini culturali
Nato a Montpellier intorno al 1345 San Rocco è morto a Voghera prima del 1379, poco più che trentenne. Dice la leggenda che nacque con una croce vermiglia sul petto, probabilmente una “voglia”, ma questo segnò la sua vita. Di famiglia agiata, appena ventenne, perse ambedue i genitori, vendette tutti i suoi beni, li distribuì ai poveri e si fece terziario francescano. Subito dopo intraprese un pellegrinaggio per pregare sulla tomba degli apostoli Pietro e Paolo.
Attraversò le alpi e percorrendo l'antica via francigena si avviò verso Roma. Non è possibile ricostruire il suo percorso, ma di sicuro nel 1367 è ad Acquapendente, una cittadina in provincia di Viterbo, dove presta servizio nel locale ospedale curando gli ammalati di peste, che si affacciava allora nell'Italia centrale, e operando numerose guarigioni miracolose. Giunto a Roma all'inizio del 1368 va subito all'ospedale di Santo Spirito (oggi arcispedale di Santo Spirito in Saxia) per curare gli appestati; là compie il suo miracolo più famoso: guarisce un cardinale che aveva contratto il morbo ed era in fin di vita, segnandogli un segno di croce sulla fronte. Condotto dinanzi a papa Urbano V, appena tornato da Avignone, rifiuta ogni riconoscimento e riprende la via per Montpellier. Giunto a Piacenza trova l'epidemia della peste nel suo momento più virulento per cui si ferma a curare gli ammalati nell'ospedale di Nostra Signora di Betlemme (tuttora esistente). Qua contrae egli stesso la peste e si rifugia in una capanna nel bosco di Sarmato (piccolo paese in provincia di Piacenza lungo la via francigena) sul fiume Trebbia: un cane gli porta ogni giorno una pagnotta per tutto il periodo della malattia e così sopravvive. Guarito miracolosamente dal male riprende il viaggio verso la Francia. Giunto però a Voghera viene fermato come persona sospetta (in quel periodo infuriavano guerre tra i vari signorotti dell'Italia centrale) e, poiché rifiuta di dare il proprio nome, viene rinchiuso in carcere, dove trascorre gli ultimi 5 anni della sua vita. Muore nella notte tra il 15 e il 16 agosto di un anno tra il 1376 e il 1379. Riconosciuto per la croce che porta sul petto viene seppellito a Voghera con grandi onori e da quel momento è invocato contro tutte le epidemie e le malattie contagiose. Il Concilio di Costanza del 1414 lo proclama Santo e lo invoca contro un'altra epidemia di peste che decimò gli stessi padri conciliari.
Oggi San Rocco è venerato in tutto il mondo come protettore dei viandanti e contro le malattie infettive (anche contro l'A.I.D.S); le chiese e le cappelle a lui dedicate sono le più numerose della cristianità. Anche la Sicilia è stata funestata da epidemie tanto di peste quanto di colera, alcune particolarmente gravi, come quella del 1576 (la peste di Milano descritta dal Manzoni nei “Promessi Sposi”) che fece circa 6.000 vittime su una popolazione di 12.000 persone. A Ragusa i superstiti, allora, come segno di espiazione innalzarono la chiesa al Santo che dalla peste guarì miracolosamente e che da più di un secolo era onorato in tutta Europa.
Questa chiesa fu edificata nell'ultimo quarto del 1500; probabilmente la costruzione cominciò nel 1578 e fu portata a termine nel decennio successivo. La sua ubicazione era allora strategica; si trovava a lato della mulattiera che saliva dalle fiumare verso l'altopiano, passo obbligato per andare a Chiaramonte, a Comiso e in tutte le altre città della Sicilia occidentale, sino a Palermo; è stata per secoli la strada di congiunzione tra l'agricoltura delle fiumare e quella dell'altopiano. Inoltre era al centro del quartiere Cartellone, in quella parte detta “della Pirrera”, che solo dopo il 1603 si chiamò “Perrera seu Santo Rocco”, come risulta dai registri dei censi. In questa zona extra moenia si ebbe nel IX secolo l'insediamento degli arabi che trasformarono ipogei cristiani e caverne carsiche in abitazioni trogloditiche con le costruzioni in muratura dinanzi alla roccia scavata. Qui sono le grandi grotte da cui venne estratta la pietra con cui si costruì l'antica Ragusa; l'attività di estrazione si protrasse per secoli, anche dopo il terremoto del 1693, e permise agli abitanti di questo quartiere di sopravvivere, anche se la povertà era la condizione comune e ben pochi potevano condurre un'esistenza priva di stenti.
L'edificio ha una facciata a capanna, semplicissima, di gusto rinascimentale. Sul portone vi è un timpano triangolare con il monogramma “JHS” (Iesus hominis Salvator), stemma dei Frati Minori Riformati. Al di sopra si apre una loggetta con quattro pilastrini sormontata da un'ulteriore timpano triangolare che racchiude una piccola statua di San Rocco. L'interno è a navata unica con cinque altari di pietra, due per ogni lato, e, sul fondo della parete absidale, l'altare maggiore. Il Sortino-Trono (Ibla Sacra-Ragusa-Stab. Grafico V. Criscione-1928) ne descrive l'interno.
Sul primo altare di sinistra vi era un quadro della Sacra Famiglia del 1793, copia di uno più antico (Ex antiquo 1621 factum est hoc 1793), sormontato da uno stemma gentilizio, sul secondo un grande quadro, rovinatissimo, già illeggibile ai primi del ‘900. Sul primo altare del lato destro vi era una statua dell'Immacolata, il secondo era l'altare del Crocifisso di cui si vede ancora oggi l'impronta sul muro della cappella. Sull'altare maggiore in una nicchia era la statua del Santo titolare con l'Angelo che gli cura una gamba. Strana è poi la descrizione della zona absidale, “l'altare maggiore è sormontato da uno sfondo a cassettoni in stucco assai brutto”: altro non riporta, tenendo conto che ebbe modo di visitare la chiesa ancora intatta nel primo quarto del Novecento. Invece nelle carte antiche si ha notizia di un altare dedicato a S. Maria della Grazia, di uno dedicato ai Santi Cosma e Damiano, e di un altro a S. Maria Maddalena; nella statua seicentesca è il Santo stesso che addita la piaga sulla gamba destra. Inoltre non si ha riscontro delle statue processionali di Santa Maria di Trapani, di quella di San Rocco, né del “quadretto votivo antichissimo”, nominati sempre dal Sortino-Trono. Le notizie coincidono solo sulla presenza dell'altare del Crocifisso e sull'affresco di Sant'Ippolito (soldato romano compagno di San Lorenzo martirizzato con lui nel 258) che si trova sulla parete destra con l'iscrizione “Facta ad expensis di Iac. di Vinc. Di Grandi dictu Malerva XXIV-nov.-1586”. Nel corso dei secoli vi sono stati evidenti cambiamenti. Quando i Frati Minori Riformati, intorno al 1620, si trasferirono nel loro nuovo convento di Santa Maria di Gesù, la chiesa passò sotto la giurisdizione del clero diocesano. Apparteneva alla Parrocchia di San Giovanni Battista e ad essa rimase legata anche dopo il terremoto del 1693 sino al 1729, anno in cui passò alla Parrocchia di San Giorgio a seguito dell'atto di concordia stipulato in quell'anno tra le due chiese. Rimase officiata dal clero di San Giorgio sino al 1948, anno dell'erezione a Parrocchia della Chiesa delle Anime Sante del Purgatorio, alla quale oggi appartiene. La chiesa non cadde con il terremoto, ma riportò danni nel lato di tramontana che fu puntellato con i controbastioni tuttora esistenti. Nel periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale il quartiere fu intensamente abitato sino a raggiungere circa 600 abitanti e la Parrocchia del Purgatorio 1600 abitanti. Dopo la guerra, a partire dagli anni '50, l'inesorabile declino; la fine della pirrera e dei mulini ad acqua portò gli abitanti ad emigrare altrove. Nell'agosto del 1958, durante un violento temporale, un fulmine si abbatté sul tetto facendolo crollare all'interno dell'edificio che fu abbandonato. Pochi arredi furono salvati e trasportati al Purgatorio: rimasero l'affresco di Sant'Ippolito, la Cona della Resurrezione e gli altari di pietra. Tutta la chiesa era coloratissima e ricca di affreschi, quasi tutti perduti. Per fortuna sono stati salvati una Santa Trinità con il Cristo Crocifisso, una figura di vescovo, che potrebbe essere San Biagio, e un ovale con la Madonna. Saranno riportati quanto prima nella loro collocazione originale. Degli altri ci rimangono poche immagini scattate dall'Ufficio Tecnico Operativo prima dell'inizio dei restauri. Oggi la chiesa si presenta spoglia con l'affresco di Sant'Ippolito e la grande pala di San Rocco, articolata su tre registri: nel più basso era l'altare, spostato nella sacrestia; nell'intermedio vi è la nicchia con la statua seicentesca di San Rocco, restaurata e riportata lo scorso novembre al suo posto, ai lati gli arcangeli Michele, che sprofonda il diavolo nell'inferno (la prima immagine di quest'Arcangelo nella nostra città), e l'Arcangelo Raffaele con il piccolo Tobia; nel superiore la Risurrezione con ai lati Santa Marta e Santa Maria Maddalena. In fondo alla chiesa è custodita la tozza statua di pietra di San Rocco, comunemente scambiata con “Santu Liu”.
E' quella descritta dal Sortino-Trono: informe statua di San Rocco in pietra, pesantissima, buttata in fondo alla chiesa. Nei secoli scorsi, e sino agli anni '40, quando la pioggia ritardava dopo il periodo estivo, il popolino la metteva sul sagrato e dinanzi ad essa erano recitate suppliche e litanie sino a quando non pioveva. Se poi il ritardo assumeva il carattere di siccità si passava agli insulti, ed anche al tiro di sassi e di ortaggi; veniva poi riportata in chiesa con la faccia voltata verso il muro. Con le risorse della legge 61/81 il Comune ha recuperato l'edificio, rifatta la copertura e, per ultimo, è stata montata al suo posto la grande Cona della Resurrezione ricomposta e restaurata, adeguata al suolo negli anni '70 da Salvatore Guarino (un valente restauratore scomparso prematuramente) al quale va la nostra gratitudine per averla salvata dalla distruzione; egli ne fece un disegno che è inciso su lastra. Nel 2009 il Comune ha restituito l'immobile alla Parrocchia con un accordo intercorso tra il primo cittadino Nello Di Pasquale e il parroco Sac. Giorgio Scrofani; successivamente con altro protocollo tra la Parrocchia e il Centro Servizi Culturali la chiesa è diventata “auditorium” e restituita alla cittadinanza per tutte le manifestazioni culturali che vi saranno organizzate.
Il 14 novembre La chiesa di San Rocco è stata inaugurata dal Sindaco e dal Vicario Generale della Diocesi, in rappresentanza di S.E. il Vescovo, con un articolato spettacolo che ha riscosso un grande successo. Torna così a vivere un glorioso monumento che ha segnato la storia della città nei secoli scorsi; mi auguro che oggi possa rappresentare il primo importante passo nella riqualificazione dell'antichissimo quartiere “Perrera seu Santo Rocco”.
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