Ragusa Sottosopra
n.2 del 04/03/2011
Palazzo Battaglia-Giampiccolo
Per ogni singolo palazzo verrà pubblicata la storia della sua evoluzione dalla sua fondazione ai giorni nostri, corredata da planimetrie illustrative inerenti all’inserimento urbanistico ed eventuali aggiunte verificatesi nel corso dei secoli, nonchè tavole che riportano il succedersi dei vari proprietari dall’origine ai giorni attuali.
A tale proposito va evidenziato che le tavole denominate “degli abitanti” dei singoli palazzi,non sono alberi genealogici, ma si limitano ad indicare in successione i singoli e reali proprietari del palazzo in esame, fornendo anche notizie aggiuntive di carattere storico.
PALAZZO BATTAGLIA-GIAMPICCOLO
Il primo ed il più fastoso palazzo nobiliare costruito a Ragusa dopo il terremoto. Era degna testimonianza dell'importanza che la famiglia Battaglia aveva assunto nel Settecento
La vicenda costruttiva del monumentale palazzo che assieme all'attigua chiesa della SS. Annunziata costituisce un caratteristico scorcio barocco della città inizia nel 1723, allorché il modicano don Blandano Grimaldi, barone di Calamenzana, vende al barone Grandonio Battaglia e a don Giacinto Nicita1 tutti quei “casaleni destrutti e demoliti dal tremuoto” nel “quartiero di S. Francesco” o “dell'Annunciata” che erano state le case avite di don Vincenzo Arezzo barone di Calamenzana e la chiesetta della Concezione di Maria2.
Il barone Arezzo, non avendo figli, aveva destinato il suo cospicuo patrimonio ai Procuratori della chiesa di S. Giovanni Battista perché facessero costruire una chiesa dedicata al Santo Precursore, in ottemperanza ad un voto fatto dal suo antenato Blandano Arezzo, fondatore nel 1626 della Commenda di Ragusa dell'Ordine di Malta.
In punto di morte, tuttavia, o poco dopo la morte, per iniziativa di don Blandano Grimaldi, nipote dell'Arezzo, e con la complicità del servitore che lo accudiva, di un notaio e di alcuni testimoni compiacenti, era stato redatto un testamento “falso”3 con cui il barone Arezzo annullava le sue precedenti disposizioni e nominava suo erede universale il nipote a cui passava anche il titolo di barone di Calamenzana. Risiedendo a Modica, costui non era interessato alle case avite del barone Arezzo per cui le vendette al barone Battaglia e a don Giacinto Nicita. Il barone Battaglia acquistò “tre corpi di casaleni una con l'entrata del porticato verso la ven. chiesa dell'Annunciata, più due corpi di casaleni olim chiamata la sala, più due corpi di casaleno dammusati olim col titolo di due cammere e una cisterna esistente nel casaleno della sala”4, mentre Giacinto Nicita acquistò tutta la parte restante, dalla parte della chiesa di S. Basilio5.
Entrato in possesso dell'immobile, nel novembre del 1724, Grandonio Battaglia poteva dare inizio alla edificazione del palazzo incaricando il capomastro Giuseppe Recupero di Acireale di “fare tutta quella quantità di fabbrica nelli casaleni in contrada dell'Annunciata” al prezzo “ di tarì tre e grani due per ogni canna di fabbrica”6 .
Dopo tre anni di lavori la costruzione si avviava verso il completamento dato che il proprietario, in data 11 ottobre 1727, incaricava i capomastri ragusani Carmelo Cultraro7 ed il figlio Desiderio di “farci l'Affacciata del suo palazzo secondo il disegno di Rosario Gagliardi di Siracusa […] la quale Affacciata deve consistere in tre Fenestroni ed Architravo Friscio e Cornice per tutta detta Affacciata”; nel contratto era prevista anche la scultura dei capitelli posti “nelli pilastri delle cantonere di detto palazzo” mentre riguardo alla “Pietra d'Arme”, cioè lo scudo in pietra con lo stemma nobiliare, e “li cagnoli” dei balconi, pure previsti nel disegno dell'architetto, il barone si riservava di farli scolpire “da chi volesse”8.
I Cultraro avevano circa due anni di tempo per completare l'opera; termine che con molta probabilità rispettarono dato che in un successivo contratto, stipulato dal barone Battaglia nel 1729 per la fornitura di pietre da impiegare nella ricostruzione della chiesa della SS. Annunziata9, si parla del palazzo “noviter factum”10.
Questo palazzo che costituisce il primo edificio costruito a Ragusa su progetto del Gagliardi venne ristrutturato qualche decennio dopo, per iniziativa del barone Giovanni Paolo Battaglia, figlio di Grandonio, il quale, nel 1748, incarica i capimastri Silvestro Di Natale e Vincenzo Sbezzi “di fare la fabbrica del proprio palazzo dal piede piano fino al finimento dei tetti”11 e lo scultore Costantino Cultraro, figlio di Carmelo, “di fare la scoltura e corniciame del palazzo che detto barone sta fabbricando”12 “in Ragusa nelli casaleni della casa di detto Battaglia vicino la chiesa dell'Annunciata”13.
Nel 1756, Giorgio Giampiccolo dei baroni di Cammarana, che aveva sposato Vincenza Battaglia, sorella di Giovanni Paolo, cominciava a costruire la sua abitazione sul lato nord del palazzo del cognato, e la terminava nel 1759, anno a cui risalgono due contratti per la fornitura degli infissi esterni dei due piani14 e di “canne sette e mezzo di mattoni” in maiolica di Caltagirone, per i pavimenti15. I due palazzi vennero poi a costituire un'unica abitazione nell'ultimo quarto del XVIII secolo, allorché, morto senza figli il barone Giovanni Paolo, la sorella Vincenza ereditò il suo patrimonio e quindi il palazzo. A quest'epoca risale il grande scudo araldico posto sopra il balcone centrale in cui sono scolpite le armi della famiglia Battaglia (a destra) insieme a quelle della famiglia Giampiccolo (a sinistra). All'inizio del sec. XIX il palazzo venne nuovamente diviso in due in occasione del matrimonio del baronello Giorgio II Giampiccolo, nipote di Vincenza, che si stabilisce nell'ala nord in cui fa eseguire dei lavori di rimaneggiamento degli interni16.
Quest'ala del palazzo passerà nel 1868, assieme al titolo di barone di Torrevecchia, alla famiglia Giampiccolo di Cammarana in occasione delle nozze della baronessa Michela con Corrado Giampiccolo, barone di Cammarana, ed è tuttora di proprietà di questa famiglia nella persona del sig. Francesco Giampiccolo Bertini.
L'ala principale del palazzo, invece, nel 1871, a seguito del matrimonio di Lucia Giampiccolo di Torrevecchia con Raimondo Maggiore dei marchesi di S. Barbara, passò alla famiglia Maggiore a cui appartenne fino al 1977 quando venne acquistata dall'attuale proprietario, dott. Carmelo Sortino.
Le due parti del palazzo sono chiaramente distinte dai due prospetti: il primo, sulla via Orfanotrofio, rivolto ad est, verso la chiesa della SS. Annunziata ed il secondo rivolto a nord, sulla via Chiaramonte. Quello principale, corrispondente alla parte costruita dal barone Battaglia nel 1749, è costituito da un pianterreno ed un primo piano rispettivamente con tre aperture, separati da una semplice fascia in pietra. Nel pianterreno si apre, al centro, il maestoso portale d'ingresso a paraste bugnate affiancato da due finestroni dello stesso stile mentre nel sovrastante piano nobile troviamo tre balconi dalle sobrie cornici su cui poggia un frontone a sesto ribassato nei due laterali e lievemente arcuato in quello centrale. La seconda facciata, corrispondente all'ala costruita da Giorgio Giampiccolo nel 1756, è caratterizzata da un grande balcone a tribuna raccordato con il sottostante portone d'ingresso da un'originalissima modanatura portante al centro una finestra ovale. Osservando i due prospetti del palazzo appaiono chiaramente le differenze che indicano due differenti progetti, di cui tuttavia i documenti di archivio non ci hanno fornito indicazioni chiare; soltanto nel contratto per la costruzione del palazzo di Giovanni Paolo Battaglia, infatti, si fa riferimento ad una generica direzione dei lavori e ad un “disegno”17.
Sulla base di confronti stilistici con altre opere dello stesso periodo, possiamo ipotizzare un secondo intervento progettuale di Rosario Gagliardi, che già aveva fornito un disegno per la facciata nel 1727 e che negli anni in cui veniva edificata questa parte del palazzo dirigeva i lavori per la costruzione della chiesa di S. Giorgio. Le sobrie cornici dei finestroni dei balconi laterali su cui si appoggia un frontone a sesto ribassato si ritrovano identiche nei finestroni interni del secondo ordine della navata centrale della chiesa di S. Giorgio a Ragusa e nella facciata della chiesa di S. Chiara a Noto18, come pure nei finestroni del pianterreno del palazzo Rau della Ferla, sempre a Noto. Il finestrone centrale, le cui cornici, sobrie e lineari, sono appena ravvivate dalle volute scolpite ai lati, ha il frontone lievemente arcuato e sormontato da due belle volute come si riscontra nei finestroni delle facciate delle chiese di S. Maria dell'Arco, di S. Domenico e di S. Chiara a Noto, tutte realizzate queste su progetto del Gagliardi19. La facciata a nord, invece, realizzata alcuni anni dopo, potrebbe essere opera di maestranze locali che hanno fornito, tuttavia, prova di grande abilità nell'integrarla nel contesto del fabbricato già esistente e nel caratterizzarla, nello stesso tempo, con una originalità che non ha riscontro negli altri palazzi della città20. Gli spazi interni del palazzo, nonostante le consistenti modifiche per adattarli alle esigenze abitative dei proprietari che si sono succeduti nel corso dei suoi circa 250 anni di vita, conservano in gran parte le originali caratteristiche architettoniche tipicamente settecentesche evidenti nello scalone d'ingres-so e nei tre grandi saloni del piano nobile che corrispondono alle tre aperture del prospetto principale. Notevolmente alterati risultano invece gli apparati decorativi, in gran parte rifatti tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, ad eccezione di una stanza del piano nobile, nell'ala nord, che conserva ancora la volta a crociera decorata con stucchi di gusto rocaille, simili a quelli realizzati da Giuseppe e Gioacchino Gianforma tra il 1775 e il 1777 nelle volte della Cattedrale di S. Giovanni, nonché di alcuni ambienti del piano ammezzato, sempre nell'ala nord. Tra questi ultimi è notevole una stanza affrescata con pitture a tema erotico ispirate ai racconti della mitologia greca, arricchita da una particolarissima decorazione a stucchi rocaillle e piccoli specchi nella volta, ed un altro ambiente dalla curiosa forma ottagonale da cui si poteva accedere alle stanze del piano superiore e alla adiacente chiesa della SS. Annunziata.
1. A.S.M., notaio Arcangelo Odierna, vol. 26, 1722-1723, ff. 101-104.
2. A.S.M., notaio Arcangelo Odierna vol. 26, 1722-1723, f. 101. cfr. Garofalo F., Un manoscritto di anonimo sulla Ragusa del seicento, Ragusa 1980, pag. 54.
3. Archivio capitolare della Cattedrale di Ragusa, Scritture della chiesa vol. VIII - Atti del testamento falso del barone Arezzo
4. A.S.M., notaio Arcangelo Odierna vol. 26, 1722-1723, f. 101.
5. Antica chiesa non più esistente, “profanata” cioè adibita ad uso profano, nel 1767, e venduta a privati; era situata all'inizio della attuale via Chiaramonte.
6. A.S.M., notaio Arcangelo Odierna, vol. 27, 1724-1725, f. 91.
7. I membri della famiglia Cultraro ebbero un ruolo fondamentale nella ricostruzione barocca essendo presente in quasi tutte le fabbriche civili ed ecclesiastiche della città, sia come esecutori che, spesso, anche come ideatori.
8. A.S.M., notaio Giuseppe Odierna, vol.1727-1728, min. 3 ff. 9-10.
9. La chiesa era di jus patronato della famiglia Battaglia come si può vedere dagli stemmi sulla lastra tombale della navata e sulla cantoria dell'organo; inoltre esiste un passaggio interno che permette di accedere alla chiesa direttamente dalle stanze del palazzo.
10. A.S.M., notaio Arcangelo Odierna, vol.1729-1730, f. 56. Il barone Grandonio era stato più volte Giurato, Capitano di Giustizia e Proconservatore, così come il padre, barone Antonino; il fratello Nunzio Maria Battaglia era Priore del Convento di S. Francesco ed un altro fratello, il sacerdote Gabriele Battaglia, era stato anch'egli più volte Giurato della Città mentre la sorella Felicia, moglie di Mario Giampiccolo barone di Cammarana, era la madre di don Felice Giampiccolo, il parroco della chiesa Madre di S. Giorgio. Cfr. Sortino Trono E., Ragusa Ibla Sacra, Ragusa 1927, pagg. 73, 74; Sortino Trono E., Nobiliario di Ragusa pag. 34.
11. A.S.M., notaio Bonaventura Sulsenti, vol. 9, 1748-1749, f. 73.
12. Idem.
13. A.S.M., notaio Bonaventura Sulsenti, vol. 9, 1748-1749, f. 113.
14. A.S.M. notaio Giorgio Sulsenti jr, vol. 4, ff. 74-75
15. A.S.M. notaio Giorgio Sulsenti jr, vol. 4, f. 87
16. A.S.M. notaio Bonaventura Sulsenti jr, vol 13 min. 36
17. A.S.M., notaio Bonaventura Sulsenti, vol. 9, f. 63
18. Germanò D., “Barocco in Sicilia. Chiese e Monasteri di Rosario Gagliardi”, Firenze 1986. Boscarino S., op. cit., pagg. 167-171
19. Idem.
20. Flaccavento G., op. cit
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