Ragusa Sottosopra
n.2 del 04/03/2011
Gli affreschi di Salvatore Cascone nella Chiesa Parrocchiale di Marina di Ragusa
Antonio Romano, Storico dell'arte
All'interno della chiesa, nella sua modesta semplicità architettonica, la nota distintiva e decorativa è data dagli splendidi dipinti autografi del pittore ragusano Salvatore Cascone (Ragusa 1904-1996). Le decorazioni pittoriche interessano le porzioni murarie tra gli archi laterali, la volta maggiore e l'arco trionfale, mentre il ciclo di affreschi investe in maniera prevalente la parete absidale, dove la qualità stilistica e l'estro pittorico raggiungono alte temperature, attraendo l'anonimo visitatore in un caleidoscopio di sublimi tinte. L'opera pittorica di Cascone si risolve in due tempi: il primo intervento riguarda gli affreschi dell'abside datati nel 1955, quando era parroco Don Francesco Di Martino; successivamente, intorno ai primi anni 60 dello scorso secolo, quando era parroco Don Francesco Vicino, vengono realizzate le altre decorazioni presenti all'interno della chiesa.
I dipinti più interessanti riguardano l'abside, in cui l'impaginazione della parete è suddivisa in tre differenti registri: nella parte bassa insiste un alto basamento marmoreo di circa 2 metri, mentre nel secondo livello, intervallati da lesene dipinte, sono presenti tre affreschi che rappresentano alcune vicende bibliche: “il sacerdote Melchisedech che offre in sacrificio a Dio pane e vino” a sinistra, “la Madonna di Portosalvo che salva il naufrago” al centro e “il sacrificio di Isacco” a destra. Nell'ultimo registro, corrispondente al catino absidale, prende posto l'ampio e luminoso affresco della “Tempesta sedata” che, con solennità e profonda umanità, conclude l'intero ciclo pittorico.
Un aspetto interessante è l'espediente pittorico della cornice aggettante e delle lesene attraverso cui l'autore riesce a separare le quattro scene rappresentate, dimostrando grande chiarezza compositiva e nello stesso tempo capacità di interpretare con perizia lo spazio architettonico che viene evidenziato, valorizzato e sintetizzato con l'opera pittorica stessa. Questo ciclo di affreschi risulta forse tra i migliori interventi dell'artista ragusano. Salvatore Cascone aveva studiato, divenendone anche insegnante, alla scuola superiore di arte cristiana “Beato Angelico” di Milano, dove prese coscienza della grande stagione pittorica toscana, dalla seconda metà del Duecento fino al primo Rinascimento, sentendola vicina al suo genio artistico e rimanendone fortemente influenzato e ispirato. Egli risente in particolar modo degli stilemi quattrocenteschi del frate domenicano Beato Angelico nella realizzazione di volti umanissimi e di soggetti dolcissimi, ma soprattutto nel ricreare quell'atmosfera spirituale costituita da una luce mistica e da una tavolozza di colori pastello. L'artista ragusano, partendo da questi elementi stilistici, riesce a dare un'impronta del tutto personale alle sue opere, prediligendo i panneggi gonfi, sovrabbondanti, concepiti secondo un meticoloso lavoro pittorico nel quale le pieghe dei tessuti risultano fitte e ritmicamente ordinate, tese ad una perfezione innaturale, quasi divina. La ricerca spaziale invece si esaurisce in una prospettiva appena accennata dove le figure appaiono su di un unico piano; le masse plastiche dei corpi inoltre sono modellate da una luce diffusa e messe in risalto da vibrazioni di colore assai tenui e quasi diafane, uniformandosi su tonalità chiare.
A questo punto mi sembra doveroso esaminare gli affreschi della zona absidale, partendo proprio dal primo riquadro in cui il sacerdote Melchisedech offre pane e vino ad Abramo e ai suoi soldati tornati vittoriosi dalla Mesopotamia. In questa opera assistiamo ad un ritmo narrativo sereno, dato da una modesta accentuazione psicologica dei sentimenti dei personaggi che partecipano con devozione al sacro rituale. La scena si sviluppa su un piano orizzontale, dove la figura monumentale e grandiosa del sacerdote, maestoso nel suo gesto, diventa fulcro privilegiato rispetto alle figure di Abramo, dei tre soldati e dell'albero che convergono verso di essa seguendo un preciso schema direzionale. Grande attenzione merita la concezione del paesaggio, segnato unicamente da un meraviglioso cielo al tramonto pregno di emozioni. La volta celeste viene costruita magistralmente attraverso una fine stesura di colori, dal giallo caldo nella parte bassa al blu ultramarino nella sommità della scena, e un graduale passaggio da una tinta all'altra, ottenendo come risultato finale una luminosa quinta scenica.
L'affresco centrale della Madonna di Portosalvo viene risolto attraverso un impianto compositivo tipicamente tre-quattrocentesco, in cui il personaggio più importante, la Vergine con in braccio Gesù, viene posto in posizione centrale all'interno della scena. Proprio in questa figura si riscontra una ricercata qualità pittorica, evidenziata da una suggestiva fascia di luce che fa da contorno al corpo della Vergine esaltandone l'estetica divina. Ai lati, in posizione equidistante, come una solenne decorazione, vi sono due coppie di angeli che hanno la medesima postura, lo stesso sguardo rivolto verso il basso e l'identico panneggio quasi a voler richiamare, da parte del pittore, un'iconografia tanto ricorrente in molti dipinti su tavola di ambito toscano tra i secoli XIII e XV. Un altro interessante particolare, che rimanda alla pittura sacra di questi secoli, è la costruzione pittorica delle ali degli angeli che sono costituite da innumerevoli piume scrupolosamente dipinte una per una con variegati colori. I corpi dei personaggi, definiti da un deciso plasticismo, assumono posture pacate e composte in atteggiamenti staticamente aulici da manuale di statuaria classica, mentre nella parte inferiore della scena assistiamo ad un ritmo più dinamico ed emozionale costituito dall'angelo inginocchiato atto a salvare il naufrago disperato e impaurito, ma soprattutto dal mare surreale con le sue onde inquiete e spumeggianti, costruite finemente con leggere pennellate.
La grazia e la dolcezza emanate da una atmosfera di pura spiritualità danno all'intera invenzione iconografica un tono sereno grazie ad una regia compositiva equilibrata nel tempo e nello spazio; quest'ultimo diventa spazio dell'anima, divino, espediente naturale tra cielo e terra. L'affresco sulla destra raffigura il sacrificio di Isacco. L'autore concepisce una figurazione più umana, lirica e quasi svuotata di tensione, ponendo al centro della scena Abramo in posa aulica, composto nel suo gesto, nonostante l'azione violenta che sta per compiere. Nel suo volto non traspare alcuna emozione, mentre il figlio in un atteggiamento preoccupato esprime sgomento per essere lui stesso quell'agnello sacrificale che, invece, pascola indisturbato dietro i due alberi. La parte sinistra è occupata dalla figura dell'angelo che interviene per fermare il tragico gesto; la sua posizione all'interno della scena appare la nota meno felice, dal momento che risulta poco legata nell'articolazione prospettico-compositiva dell'opera stessa.
Non è chiaro se il suo corpo sia in volo o ancorato con i piedi al suolo, pertanto sembra una figura instabile e indecisa rispetto alle altre. La scena è ambientata in un paesaggio essenziale e semplificato dove i pochi elementi vegetali, i due alberi sulla sinistra e la pianta d'ulivo sulla destra, sono realizzati in maniera fantasiosa ed elementare; ancora una volta l'autore con questo espediente stilistico dà risalto all'elemento divino rispetto al contesto terreno.
Nella parte superiore dell'abside predomina l'affresco più coinvolgente ed emozionante: è la tempesta sedata in cui i discepoli sono spaventati dal violento temporale che viene immediatamente placato dalla mano divina.
Al centro della monumentale scena troviamo l'imbarcazione con Gesù e i discepoli; a sinistra il naufrago che disperatamente chiede aiuto, mentre fanno da cornice un mare tempestoso e un cielo nefasto, elementi scenici suggestivi.
Il tono dell'impostazione iconografica si differenzia rispetto ai precedenti affreschi; l'autore, in questo caso, sembra guardare alla pittura manierista, dove l'artificio, il dinamismo, la complessità scenica e l'intenso grado espressivo di drammaticità diventano elementi caratterizzanti.
Osservando il centro della scena, scorre repentino un forte sentimento di paura nei volti dei discepoli che si guardano smarriti e impotenti l'un l'altro; sembra quasi di percepire il frastuono, la confusione e le grida disperate di aiuto. La barca è occupata interamente da Gesù e dai discepoli, per cui lo spazio risulta talmente saturo che qualche corpo sembra scivolare in mare ed esserne inghiottito.
Dall'accento drammatico e umano dei personaggi nascono figure con intenso espressionismo, scomposte nelle posture e dinamiche nei gesti, accalcate l'una sull'altra in un unico calderone di corpi. Al centro di questo disordine dell'anima, al contrario, la monumentale figura di Gesù appare composta, sontuosa e staticamente aulica nel pacato gesto di alzare il braccio verso il cielo per sedare non solo la tempesta naturale, ma anche quella interiore presente nell'animo degli uomini di poca fede.
In questo particolare scenico si riscontra una raffinata qualità pittorica data dalla luminosità del fulmine che si propaga nella porzione di cielo circostante. Il punto di congiunzione tra la mano di Gesù e il fulmine diventa elemento emblematico di tutta la scena, ma anche grado pittorico assoluto dell'intero ciclo di affreschi. In questa composizione assistiamo ad una purificazione delle forme degli elementi naturali, concepite secondo schemi lineari e sintetici; le onde del mare, elementari nella loro stesura, sembrano pettinate da sottili e decise pennellate, mentre il cielo è tracciato con lievi linee curve che separano e differenziano campi di colore. Nella pittura di Salvatore Cascone si respira un'atmosfera mistica e celestiale in un contesto spirituale, sospeso tra cielo e terra, di rara suggestività. Le sue invenzioni iconografiche sono sempre costruite sapientemente, caratterizzate da uno stile armonico in cui i pieni e i vuoti si alternano con equilibrio; così le sue composizioni assumono una visione idilliaca e trasognata, rappresentando un mondo idealizzato, lontano dal realismo, in cui i particolari della scena, semplificati e stilizzati, evidenziano il valore spirituale del “fatto divino”.
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