Ragusa Sottosopra
n.5 del 10/10/2011
Palazzo Arezzo di Donnafugata
Una delle residenze più imponenti della città.
E' divenuta nella seconda metà dell'Ottocento sede di rappresentanza ad opera del Barone Corrado Arezzo de Spuches
Il palazzo del barone di Donnafugata, definito nel manoscritto del padre Zaccaria “magnifico e sontuoso sì di pietre, architettura, magnificenza e grandezza, che corre quasi per un miglio, ornato di bellissime pitture e pien d'oro di zecchino”1 è certamente uno dei più imponenti palazzi della città.
Viene edificato nei pressi della piazza Maggiore 2 dell'antica Ragusa, nel sito in cui già sorgeva dagli inizi del sec. XVII l'antico palazzo edificato da don Vincenzo Arezzo, barone delle Serre e Giudice della Gran Corte della Contea di Modica, che nel 1647 acquista il feudo di Donnafugata da don Guglielmo Bellio Cabrera ottenendo il titolo baronale.
Da lui passa al figlio Corrado, il barone di Donnafugata che ricopre dal 1653 al 1686 3 l'importante incarico di Governatore della Contea di Modica per più di 30 anni e che muore nel terremoto del 1693.
Il terremoto distrugge anche il palazzo che tuttavia viene subito ricostruito per iniziativa di Vincenzo Arezzo, III barone di Donnafugata, come ci racconta Leonardo Lauretta nel suo manoscritto “Notizie storiche su Ragusa di Sicilia”4. Circa un secolo dopo, alla fine del secolo XVIII, è il barone Corrado M. Arezzo, pronipote di Vincenzo, che decide di ricostruire ed ampliare il palazzo. La costruzione inizia nel 1798: il 9 gennaio incarica i maestri pirriatori Ignazio Pluchino, Salvatore Pluchino ed Evangelista Licitra, soprannominato “Picone”, di estrarre dalle loro cave “tutta quella pietra d'intaglio per la fabbrica che dovrà incominciare nella Piazza Maggiore”5, mentre il 22 marzo acquista da Giuseppe Vitale “tutta quella quantità di pietra nera che gli necessiterà per la fabbrica”6.
In realtà già a partire dall'anno precedente il barone ha già provveduto a procurarsi il materiale da costruzione facendo estrarre “n° 200 canne di pietra rustica nel piano di S. Giorgio”7 col risultato di spianare quella che successivamente sarebbe diventata Piazza Duomo. Altre “400 canne di pietra rustica” vengono fatte estrarre nel 1798 nello stesso “piano di S. Giorgio” ed in altri luoghi “designati dal Sig. Barone”8.
I lavori per l'edificazione della sontuosa dimora procedono speditamente e all'inizio del 1801 la fabbrica è prossima al completamento dato che in un contratto di quell'anno il barone acquista le “balate” di pietra bianca e pietra nera per la pavimentazione ed il “gisso” per le volte. In un altro contratto, datato 26 gennaio 1801, viene dato incarico ai fratelli Luigi e Salvatore Cascone di intonacare l'interno e l'esterno del “palazzo grande nuovamente fatto fabbricare dal barone nella Piazza Maggiore”9.
Completata la struttura si procede alle rifiniture cominciando dalla pitturazione e dalla decorazione degli ambienti interni per cui viene incaricato l'adornista palermitano D. Stefano Cotardi10 che il 10 settembre 1801 viene comandato di “pittare secondo l'arte e perizia l'infrascritte camere e anticamere che esistono nel palazzo nuovamente fatto fabbricare dal barone di Donnafugata existente in questa Piazza Maggiore”11 secondo lo stile neoclassico allora in voga.
Alcuni contratti successivi riguardano l'arreda-mento del salone da ballo, “il camerone”, per cui Giuseppe e Baldassarre Basile di Palermo vengono incaricati di “indorare d'oro di zecchino e contornare di bianco tre tremò12 e tre boffettoni13 d'angolo” e poi “indorare d'argento e contornare di bianco la corniciame tutta e le porte del camerone, dorare n° 42 aperture del camerone, camera di dormire, camera doppia, camera di serviggio, prima e seconda anticamera e passetto”.
Nel 1804 il barone provvede alla sistemazione del giardino del palazzo che viene fatto spianare e viene abbellito con otto statuette e otto vasi in ceramica dipinta oltre ad un gruppo scultoreo, anch'esso in ceramica, raffigurante “Diana cacciatrice con sette putti e vari animaletti adattati al medesimo gruppo per lo giro delli quattro angoli”15, realizzato dallo scultore Gaetano Bongiovanni di Caltagirone ed acquistato dal barone l'anno prima. Con questo intervento termina la prima fase costruttiva del palazzo che ci viene descritto dall'Abate Paolo Balsamo nella cronaca della sua visita a Ragusa nel 1806 come “non disdicevole a ricca e distinta persona per sino in una capitale”16.
Nella seconda metà del secolo XIX, il barone Corrado Arezzo de Spuches intraprende consistenti modifiche al palazzo con l'intento di trasformarlo in sede di rappresentanza17.
Pertanto fa ampliare l'atrio d'ingresso, originariamente molto più modesto, trasformandolo in una galleria definita da due file di dieci colonne in pietra, dipinte di verde “a finto marmo”, che reggono una volta a botte decorata a cassettoni e motivi floreali. La galleria termina in un ampio ambiente da cui si accede al giardino e da cui parte, sul lato destro, un sontuoso scalone rivestito in marmo bianco che conduce al piano superiore in cui il barone, rimaneggiando gli spazi interni, ha voluto creare una serie di saloni, “il quarto di parata”, caratterizzato da una lunga fuga di stanze in cui ricevere gli ospiti e stupirli con il lusso delle decorazioni dei mobili, delle suppellettili ed il gran numero di opere d'arte da lui acquistate nei frequenti viaggi in Italia e all'estero.
Al barone, uomo di cultura e appassionato d'arte, si deve il merito di avere arricchito il palazzo con una consistente collezione di opere pittoriche, tra cui una cinquecentesca “Madonna col bambino” attribuita a Salvo d'Antonio, un “San Paolo eremita” del Ribera e numerosi altri pregevoli dipinti dei secc. XVII e XVIII.
Alla morte del barone, nel 1899, il feudo e il titolo baronale di Donnafugata vengono trasmessi alla nipote primogenita Clementina Paternò Arezzo, moglie del visconte Combes de Lestrade mentre il palazzo passa alla nipote Maria Paternò Arezzo, moglie del principe di Castellaci. Quest'ultima, benemerita per la fondazione dell'Ospedale a lei intitolato, muore prematuramente nel terremoto di Messina lasciando erede dei suoi beni il nipote Corrado Arezzo Giampiccolo che vi si trasferisce con la famiglia.
Per poterlo abitare, tuttavia, egli deve fare costruire ex novo un'ala residenziale, essendo stati tutti gli ambienti del piano nobile del palazzo trasformati in sale di rappresentanza dal barone Corrado Arezzo. Il palazzo passa infine alle due figlie di Corrado Arezzo Giampiccolo, Costanza, defunta nel 2009 senza prole, e Vincenza, sposata con Salvatore Scucces, che lo abita attualmente con la sua famiglia e che sta gradatamente procedendo al restauro dei numerosi ambienti.
1. GURRIERI ZACCARIA, Storia di Ragusa prima e dopo del terremoto del 1693 all'uso proprio del r. padre Zaccaria da Ragusa sacerdote minore riformato del padre S.Francesco della abbondantissima città di Ragusa, 1844.
2. Con questo nome si indicavano l'attuale piazza Pola ed il corso XXV Aprile
3. SORTINO TRONO E., Nobiliario di Ragusa, pag. 29 nota (4)
4. LAURETTA, Notizie storiche sopra Ragusa di Sicilia, manoscritto, copia presso l'Archivio Storico Diocesano di Ragusa
5. A. S. M. notaio Cristoforo Odierna, vol. 13 min. 77
6. A. S. M. notaio Cristoforo Odierna, vol. 13 ff. 255-256
7. A. S. M. notaio Cristoforo Odierna, vol. 12 f. 322
8. A. S. M. notaio Cristoforo Odierna, vol. 12 f. 322
9. A. S. M. notaio Cristoforo Odierna, vol. 14 f. 122-123
10. Con molta probabilità figlio del decoratore napoletano Benedetto Cotardi, attivo a Palermo tra la fine del sec. XVIII e l'inizio del sec. XIX ed autore, tra l'altro, delle decorazioni di alcuni ambienti della palazzina Cinese e del palazzo Reale. Cfr. ZALAPI' A., Dimore di Sicilia. Arsenale Editrice, 2000
11. A. S. M. notaio Vincenzo Odierna, vol. 1 min. 59
12. Tremò cioè specchiera
13. Boffettoni cioè consolle
14. A. S. M. notaio Vincenzo Odierna, vol. 2 min. 64
15. A. S. M. notaio Vincenzo Odierna, vol. 3 min. 313
16. BALSAMO PAOLO abate, Giornale del viaggio fatto in Sicilia e particolarmente nella Contea di Modica, Palermo 1809
17. Il barone Arezzo abitò raramente nel palazzo preferendo dimorare nel castello che si era fatto costruire nel feudo di Donnafugata
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