Ragusa Sottosopra
n.5 del 10/10/2011
Ignis in corde - La battaglia degli iblei di Domenico Anfora
Nino Cirnigliaro, Presidente Centro Servizi Culturali
Il racconto minuzioso della battaglia degli iblei del 1943. L'autore, atraverso la raccolta di numerosi documenti, testimonianza, fotografie, carteine, ricostruisce quei sette giorni di guerra decisivi per la campagna militare in Sicilia.Da vari punti di vista. I Civili. I Soldati. Gli ufficiali. I comandi
Ancora una pubblicazione del Centro Servizi Culturali del Comune di Ragusa si va ad aggiungere alle precedenti preziose opere, sempre improntate alle tematiche culturali che ricadono sulla nostra città ed il territorio Ibleo.
É la volta ora di “ Ignis in corde”, sottotitolo: La Battaglia degli Iblei 10-16 luglio 1943, di Domenico Anfora, sottufficiale dell'Ae-ronautica per professione, storico per diletto, come con modestia si autodefinisce, ma già autore de La cresta a coltello 10-15 luglio 1943: Vizzini nella bufera, Uomini e storie del Deposito di Munizioni di Vizzini.
La ricerca storica di Anfora apre uno scenario inedito, facendo conoscere a storici, studiosi, ricercatori, semplici lettori, con somma dovizia di notizie, una pagina importantissima della storia della nostra terra iblea. Si trova nel lavoro di Anfora ciò che è assente nei testi di storia tesi alle vicende cardine ed essenziali.
L'apparato delle note costituisce un testo nel testo. Il Centro Servizi Culturali, in sintonia con l'amministrazione comunale ed il sindaco Nello Dipasquale, sempre vicino alle nostre attività, ha portato a compimento questa pubblicazione per onorare, col ricordo della storia, e per non dimenticare migliaia di giovani vite sacrificate su entrambi i fronti della Battaglia degli Iblei.
Un'opera fortemente voluta perché non abbiano a ripetersi gli eventi tragici che ogni infame guerra inesorabilmente si reca dietro con il suo fardello di morte, distruzione, violenza, dolore e miseria.
Ricordare come monito perenne affinché tra i popoli regni sempre la Pace.
“Ignis in Corde”, cioè “fuoco nel Cuore”, era il motto del 75° reggimento di fanteria del Regio Esercito, in organico alla 54ª divisione “Napoli”. Nell'estate del 1943, alle porte dello sbarco in Sicilia degli anglo-americani, tale reggimento era schierato sui Monti Iblei, vasto tavolato che occupa l'intera punta sud-orientale dell'isola, dal mar Ionio al mare di Sicilia e che ha avuto origine dalla sovrapposizione di più strati di sedimenti calcarei. Il 75°, con comando a Palazzolo Acreide, aveva il compito di agire a protezione della piazzaforte di Augusta-Siracusa e, eventualmente, verso la piana di Gela, contrattaccando le teste di sbarco nemiche.
Il colonnello Francesco Ronco, comandante del 75°, per svolgere il suo compito aveva a disposizione una forza organica di 3.279 uomini, suddivisi in un comando e compagnia comando, 3 battaglioni di fucilieri (costituiti da una compagnia comando, 3 compagnie fucilieri, e una compagnia armi d'accompagnamento e c/c), una compagnia zappatori ed una cannoni c/c da 47/32. Il giorno dello sbarco gli furono messi a disposizione anche il gruppo mobile “D”, i gruppi artiglieria X e XVI da 105/2811, la compagnia cannoni divisionale da 47/3222, la 354a batteria a/a da 20 mm e il 54° battaglione mortai. Dunque, Ronco aveva una forza di circa cinquemila uomini, di cui molti logorati dalla campagna di Russia con gli arti piagati per i congelamenti, altri malarici o scabbiosi, dal morale basso per la situazione generale più che precaria, dal vestiario e dall'equipaggiamento in cattive condizioni, dall'armamento nettamente inferiore al nemico, dal pessimo e insufficiente vitto, dai continui bombardamenti aerei. Le armi a disposizione (oltre a quelle portatili) erano 18 carri armati da 10 tonnellate (residuati bellici francesi), 16 vecchi cannoni risalenti al 1913 privi di proiettili perforanti (indispensabili per il tiro controcarro), una ventina di cannoni controcarro da 47/32 (inefficaci contro i carri da 30 tonnellate americani), mortai da 81 e da 45, mitragliere da 20mm per il tiro antiaereo e mitragliatrici Breda e Fiat da 8 mm. Gli unici pezzi moderni erano i quattro obici 75/1833 del gruppo mobile “D”.
Con questo armamento, con questa forza insufficiente, con questo morale basso, privi di protezione aerea, privi di automezzi per la fanteria, i fantaccini del 75° attaccarono e combatterono per quattro giorni contro due divisioni britanniche, appoggiate da due reggimenti corazzati, da due reggimenti d'artiglieria e dall'aviazione. Sparsi sugli altipiani iblei, precipitati nei ripidi versanti, negli strapiombi e nelle cave attraversate dai corsi d'acqua, c'erano tanti corpi inerti di militari italiani. Il 75° fu sconfitto, lasciando sul campo circa 200 caduti e 800 tra dispersi e feriti, dimostrando un ardore ed un coraggio degno di una causa migliore, meritandosi il motto “Ignis in Corde”e guadagnandosi una medaglia d'argento alla bandiera4. I singoli militari del 75° e delle unità ad esso aggregate si guadagnarono per il loro valore 36 decorazioni.
1. Materiale d'artiglieria per le unità di supporto di Corpo d'Armata, venne studiato nei primi anni del XX secolo, realizzato in Italia e distribuito a partire dal 1913. Aveva una gittata max di 13.200 mt.
2. Pezzo d'artiglieria a tiro teso, armò le compagnie controcarro delle unità di arma base ed i reggimenti di artiglieria paracadutisti. Aveva una gittata max di 2.000 mt. e un tiro efficace fino a 500 mt. Non riusciva, comunque, a penetrare la corazza dei carri medi anglo-americani.
3. Materiale d'artiglieria che armò le batterie a cavallo, autotrainate e da montagna. Principali caratteristiche di quest'artiglieria furono l'elevata mobilità,la notevole gittata e gli ampi settori di tiro. Entrò in servizio nel 1935. Gittata max 9.500 mt.
4. Con d.p.r. 13 dicembre 1948 fu concessa alla bandiera del 75° rgt ftr la medaglia d'argento con la seguente motivazione: “sottoposto ad incontrastato intenso bombardamento aereo e malgrado le sensibili perdite subite, conservava inalterata la compattezza ed elevato lo spirito combattivo, talchè poteva poco dopo compiere celere prolungata marcia per opporsi a forze contrastanti, sbarcate in zona costiera, di notevole importanza. Attaccato da schiaccianti unità corazzate solidamente appoggiate da imponenti formazioni aeree e da potenti artiglierie, con sanguinosi reiterati contrattacchi, riusciva a contenere l'aggressività. Delineatasi la crisi conseguente all'iperbolica sproporzione di forze e di mezzi, decimato, a corto di munizioni e di viveri, raccolti in uno sforzo supremo attorno alla Bandiera del reggimento i gloriosi superstiti si impegnavano audacemente con strenua impari lotta protratta, con indomito valore, fino all'annientamento. L'epica resistenza, durata quattro giorni, consentiva ad altre unità di organizzare nuove linee di difesa, logoratrici dell'agguerrito avversario” (Sicilia 10-13 luglio 1943).
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