Ragusa Sottosopra
n.6 del 30/11/2011
"Luoghi dell'arte tra musica, letteratura e poesia" di Piero Guccione
Paolo Nifosì, Critico d'arte
La mostra, coordinata dalla Torcular, con testi in catalogo (edito da Skira) di Giorgio Agamben e di chi scrive, e con un saluto del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, sarà trasferita nella primavera prossima presso l'Accademia di Belle Arti di Parigi. Artista che tenacemente ha reinventato l'antico linguaggio della pittura è uno dei pochi - ha scritto Roberto Tassi -che usando il pastello, non traligna dalla grande tradizione di Liotard, di Millet, di Degas.
Nell'ambito della multiforme produzione di Piero Guccione l'illustrazione di opere letterarie e musicali ha accompagnato fin dagli anni Sessanta gli altri percorsi.
Un'esperienza la sua in cui ha utilizzato in alcuni casi l'acquerello ed in gran parte il pastello.
Nel voler trovare un denominatore comune prevale nel suo immaginario il reinventare storie ed ambienti poetici nel contesto di un paesaggio mediterraneo, un paesaggio commentato da Sciascia attraverso una riflessione di Tomasi di Lampedusa: “Sotto una luce cinerina si agitava il paesaggio, irredimibile”.
I personaggi di Norma, del Tristano ed Isotta, di Senso, del <em>Gattopardo sono ricollocati nella natura di questo lembo di Sicilia, destoricizzando luoghi fisicamente e storicamente diversi.
Ne coglie bene l'essenza Alberto Moravia: Guccione non illustra figure e situazioni - scrive lo scrittore - cerca anzi di ridurre il più possibile il riferimento illustrativo…si è messo fuori dalla storia, si è tenuto alla passione che è di tutti i tempi e di tutti i luoghi e a quella soltanto.
La mostra racconta coi pastelli, con gli acquerelli, col disegno (“la sostanza del mondo”) dell'amore tra l'uomo e la donna; sentimento assoluto e complesso, nelle sue variegate declinazioni, l'amore-passione, l'amore-estasi, l'amore-malinconia, l'amore-gelosia, l'amore-disperazione, l'amore-tragedia, l'amore-morte; racconta della natura che questo amore esprime e comunica, della sua bellezza e dello stupore che suscita, del suo “sconfinato senso di meraviglia, di commozione per tanto e sublime ordine” (Guccione); racconta del cielo “che è pensiero del cielo”, racconta dei fiori che sono “essenza” dei fiori, nota Sgarbi; racconta delle ferite, dei rivoli di sangue rosso che costantemente ritroveremo nelle sue opere; racconta dell'arte, delle opere dei classici, della loro controversa e complessa bellezza, dei sentimenti in esse racchiusi, compagne di viaggio, inquietanti consolatrici del vivere; racconta di stati d'animo evocati, di immagini sospese, rarefatte, in un territorio visionario intangibile, impalpabile.
Prevale l'attenzione per l'Ottocento, per una dimensione romantica che diventa in alcune opere un'“elegia della luce” (Siciliano); la Sicilia in uno con alcune opere dei classici, da Masaccio a Michelangelo, da Caravaggio a Friedrich ad Hayez, per citarne solo alcuni, diventa forma evocativa di trame letterarie, di architetture musicali di tensioni liriche, riconducibili al suo stile, al suo sentire, all'intensità del suo cuore.
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