Ragusa Sottosopra
n.1 del 11/02/2008
Quaderni di guerra
Mimì Arezzo, scrittore
Ho avuto recentemente il piacere di presentare "Quaderni di guerra", il nuovo libro di Salvatore Licitra, e confesso di esser rimasto affascinato dal suo contenuto.
Forse il modo migliore di comprendere la mostruosità di una guerra, la tragedia collettiva di tutte le guerre è osservare i drammi delle singole persone coinvolte.
Ogni guerra, infatti, è un mosaico di migliaia, in certi casi perfino di milioni di drammi personali. In questa direzione va sicuramente il libro di cui parliamo, che coinvolge fatti e sofferenze individuali, fra l'altro accadute a persone della nostra città. Quattro i protagonisti delle pagine di "Quaderni di guerra": Giovanni Baglieri, Francesco Diquattro, Giovanni Diquattro e Salvatore Iacono, ricchi di ricordi brucianti, di ferite incise nell'anima, di lacrime mai asciugate.
Dai racconti emerge tutto un mondo scomparso, un'Europa sconvolta dalla pazzia della guerra; dalle voci di questi protagonisti emerge la spinta a conoscere meglio il nostro passato, per apprezzare il presente e avere una ulteriore spinta a mantenere, a qualunque costo, la pace.
Quattro storie accomunate dalla sofferenza, ma diverse nelle singole esperienze. Giovanni Baglieri ripercorre in questo libro la sua vita, segnata da tappe di straordinaria intensità: cinque figli, il padre al lavoro da prima dell'alba a dopo il tramonto, quasi senza sosta; e il primo lavoro come “picurariedu”, con la paura della notte e la stanchezza infinita. La notizia della morte del fratello, datagli come una liberazione "tò frati guariu". La forza di licenziarsi da un padrone arrogante, per salvaguardare il bene prezioso della dignità. Il primo vestito, conquistato dopo anni di durissimo lavoro. E ancora la campagna di Grecia, con le sofferenze e le privazioni che lacerano l'anima. Con i compagni che cadevano a terra morti per fame. La prigionia in Germania, i bombardamenti, la morte dei tanti suoi compagni… Esperienze che oggi ci sembrano inaccettabili, addirittura mostruose per un ragazzo di poco più che vent'anni. E' un autentico inno alla vita e agli affetti.
Francesco Diquattro ('U Bengasinu) riporta la sua esperienza di giovanissimo colono in Libia, al seguito di un padre che non riusciva ad accettare un destino di fame senza speranza; un'avventura malvista da parenti e amici, osteggiata da tutti, un atto di coraggio e di dignità. La vita in Libia, le straordinarie visite di Mussolini (che proprio dal sacco di Francesco estrae un pugno di grano e ne commenta ad alta voce la qualità) e del Principe Umberto di Savoia; e ancora lo scoppio della guerra, il disperato tentativo di rientrare a casa, l'abbandono di tutto, marce infinite sotto i bombardamenti. La prigionia in Inghilterra. La liberazione, un lavoro in Germania. Oggi Francesco Diquattro affida le sue straordinarie esperienze all'arte, coltivando con ottimi risultati gli hobby della pittura, della scultura, della miniatura. Una vita intensa al punto da lasciare senza fiato.
Giovanni Diquattro, forse il più restio dei quattro a narrare i suoi ricordi: molti di noi custodiscono in fondo al cuore le ferite del passato, e restano riservati di fronte alla curiosità, alla pubblicità, alle domande.
Un'infanzia durissima, nella campagna di Salineda, interrotta dalla cartolina precetto.
La guerra in Iugoslavia, contro un nemico frazionato in etnie, in mezzo alla mostruosità di lotte fratricide. Episodi di inumana ferocia raccontati con sgomento dal nostro concittadino. Un frate francescano che decapitò in una notte 1.300 prigionieri con una speciale mannaia. Il nemico ovunque, nelle case, nelle strade, negli accampamenti. E poi la drammatica prigionia, per trentotto interminabili giorni, in balia dei partigiani. La liberazione ad opera dei tedeschi, e il rimpatrio a Ragusa. Una disillusione, purtroppo, perché si trattava di Ragusa di Dalmazia, l'odierna Dubrovnik.
Poi, il giorno dell'Immacolata, il rientro a casa. Tutto il racconto è un tuffo in aspetti terribili di una realtà già da sé mostruosa; una spinta ulteriore a farci dire con forza: mai più!
Salvatore Iacono conclude il libro con una autentica cascata di ricordi, anche se è l'unico dei quattro ispiratori del volume a non aver partecipato personalmente, per motivi di età, a nessuna guerra. L'arresto, immeritato, con l'accusa di aver partecipato al "Non si parte"; il carcere a Noto, fra delinquenti incalliti. Il trasferimento a Ustica. La conoscenza con Maria Occhipinti.
Quella con lo Zu Calò. Il vaglia di 500 lire ricevuto per un'omonimia e speso in un'esplosione di gioia di vivere. La mancanza di acqua. La fratellanza fra compagni di sventura. E quel sedersi sugli scogli a ripensare alla vita passata, agli anni dell'infanzia. Cinque mesi che non saranno più dimenticati. Un'esperienza vissuta con serenità e forza, anch'essa capace di trasmettere un grande insegnamento. Un libro capace di racchiudere una montagna di emozioni, di pezzi della nostra storia, di vite vissute. Un libro sicuramente da non perdere, scritto in modo chiaro e conciso, senza facili scontate retoriche. Complimenti, sinceri, all'autore.
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