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Ragusa Sottosopra

n.4 del 04/09/2008

Ragusa Festosa

Giuseppe Nativo, giornalista

foto articoloIl tema della feste popolari ragusane sviluppato in circa 100 foto raccolte dal fotografo Vincenzo Giompaolo in un volume suggestivo e corale

Mani spigolose, lisce, giunte. Ceri votivi. Un vocio indistinto di orazioni. Occhi lucidi che cercano, scrutano. Bambini che ascoltano. Anziani che pregano sgranando il rosario. Folla che ondeggia al passaggio del fercolo. Segni di croce. Perline di sudore che solcano la fronte dei portatori. Processioni che serpeggiano tra le vie della città o percorrono viottoli agresti. Campane che suonano in segno di festa. Luminarie variopinte. Insomma una polifonia di gesti, suoni e voci immersi in suggestive scenografie che si intrecciano e si compenetrano, miscelandosi nel cuore di una tradizione popolare dalle radici lontane che sbiadiscono nelle pieghe del tempo. Profumo di Sicilia, aria di casa, vento orientale su terra iblea intrisa di faticoso respiro. Storia, tradizione e folklore hanno il compito di rinsaldare la fede, nel prfoto articolooprio credo, speranza, nella salvezza dell’anima, e carità, verso i propri simili. Tutto ciò è la festa, momento di aggregazione sociale. Ogni anno la festa rinasce come la natura ed il tempo consumato si rigenera e ricostituisce. Inizia così il viaggio fotografico e testuale dell'ultimo volume di Vincenzo Giompaolo, “Ragusa Festosa” (Associazione Culturale “Sicily is one”, Utopia Edizioni, pp. 168), in cui sono racchiuse un centinaio di immagini dal sapore popolare e genuino. Studioso di etnografia e tradizioni popolari siciliane, palazzolese di nascita e ragusano di adozione, ha raccolto, nella sua ultra trentennale attività, un cospicuo numero di stampe grazie alla sua inseparabile macchina fotografica. Giunto ormai alla sua sesta pubblicazione, Giompaolo ha voluto raccogliere in questo libro le foto più significative riguardanti le feste popolari del capoluogo ibleo e del territorio limitrofo accompagnandole con un breve testo descrittivo. Una sorta di mosfoto articoloaico in cui, tassello dopo tassello, immagine dopo immagine, ricostruisce il momento festivo immortalandolo nell'istante della sua intima essenza. “La festa popolare, di qualsiasi tipo, è tale perché nasce nel popolo, dal popolo e per il popolo…”, così puntualizza l’Autore nella sua introduzione al tema affrontato. La solennità di San Paolo, la cui festa liturgica è fissata per il 29 di giugno, nasce dal cuore del popolo. E' credenza comune considerare chi nasce in quel giorno detentore di virtù soprannaturali non comuni: guarire, leccandole, le ferite inferte dai morsi delle vipere e aspidi, in quanto tale facoltà deriverebbe “dall'avere sotto la lingua un muscoletto in forma di ragno”. Tradizione, storia e fede viaggiano, a volte, su binari convergenti. É il caso della Madonna del Carmelo che viene portata in processione, dal Santuario del Carmine di Ragusa, durante la festività del 16 luglio, nel corso della quale ai piedi della statua sono appesi alcufoto articoloni grappoli d'uva fatti maturare in anticipo (in ossequio ad un'antichissima usanza secondo cui la Madonna è considerata “la grande madre delle vigne e dei frutteti”; sotto questo aspetto la festa presenta delle analogie con quella di Sestri Levante, in provincia di Genova). Il simulacro della Madonna è molto atteso per via dello “scapolare” o “abitino” appeso alla statua. Nato come indumento (formato da una banda di stoffa infilata dalla testa e ricoprente il petto e le spalle) che, in periodo medievale, serve a proteggere l'abito quotidiano durante il lavoro manuale, lo “scapolare”, verso la fine del XV secolo, trova il suo fondamento in alcuni racconti che narrano la manifestazione della Madonna, con in mano tale “abitino”, a San Simone Stock (XIII secolo). A questa tradizione si aggiunge quella testimoniata da Papa Giovanni XXII, intorno agli anni ‘20 del XIV secolo, secondo cui la Madonna avrebbe promesso al pontefice che chiunque avesse portato, foto articoloin maniera degna, lo “Scapolare del Carmine” avrebbe ottenuto il cosiddetto “privilegio sabatino”, ovvero la liberazione dalle pene del Purgatorio il primo sabato dopo la dipartita da questo mondo. Il momento festivo, talvolta, ha il sapore agreste come, ad esempio, la festa di Santa Rosalia, vissuta “in una amena contrada del territorio ibleo, entro i confini del comune di Ragusa, che porta il nome dell'illustre santa palermitana”, in un piccolo santuario rurale dedicato, in tempi remoti, alla “Santuzza” dalla gente del luogo che vuole intravedere, in una piccola grotta adiacente alla cappella, i segni di un passaggio della giovane Rosalia. Il momento festivo è vissuto con una processione che si snoda per i viottoli di campagna mentre l'aria è “arricchita dall'odore dell'arrosto degli insaccati” e da genuina euforia della gente che dà vita a semplici giochi come “a cursa che sacchi” (la corsa con i sacchi) o “i pignateddi” (le pentoline).




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