Ragusa Sottosopra - Anno XII - N° 4
Ricorrenze
Il decennale del riconoscimento Unesco del Val di Noto
Luci ed ombre di un cammino ancora scritto sulla carta. Ragusa celebra la ricorrenza con il convegno “Ragusa Ibla, viaggio nel barocco”Il Comitato World Heritage UNESCO, nella 26° seduta svoltasi a Budapest dal 24 al 29 Giugno 2002, ha iscritto le Città Tardo Barocche del Val di Noto (Sud-Est della Sicilia) nella Lista dei Siti Patrimonio Mondiale della Cultura (questo titolo di fatto consente all’Unesco di attribuire un marchio di qualità a una città o a un sito). Di essa fanno parte: Caltagirone, Catania, Militello Val di Catania, Modica, Noto, Palazzolo Acreide, Ragusa e Scicli. Ragusa è presente con 18 monumenti, in parte palazzi ed in parte edifici religiosi, localizzati nei centri storici di Ragusa Ibla e Ragusa Superiore. Complessivamente 47 ettari, di cui 17,5 relativi al perimetro monumentale e 29,5 ettari riguardanti la zona di protezione. Attualmente l’Italia, con 47 siti, è la Nazione che detiene il maggior numero di siti inclusi nella lista dei Patrimoni dell’Umanità. I siti del Patrimonio Mondiale appartengono a tutte le popolazioni del mondo, al di là dei territori nei quali essi sono collocati.
Venerdì 28 Giugno 2002 si sospendono i lavori del Consiglio Comunale e il Sindaco Arezzo dà lettura del
telegramma con cui è ufficialmente comunicato l’inserimento della città di Ragusa tra le Città Tardo
Barocche del Val di Noto (Sud-Est della Sicilia) iscritte nella Lista del Patrimonio mondiale
dell’Umanità, in quanto “esse rappresentano una considerevole impresa collettiva, portata con successo ad alti livelli artistici e architettonici”. Presenti in aula: l’arch. Ray Bondin, Commissario Unesco, e la
prof.ssa Tatiana Kirova, del Politecnico di Torino, che ha lavorato alla redazione del Piano di Gestione per gli otto Comuni. Gli Enti locali che si giovano di tale riconoscimento hanno il diritto e il dovere di
rivendicare dalla Regione, dallo Stato, dall’Unione Europea, misure legislative e risorse finanziarie che consentano loro di potere corrispondere alle aspettative dell’Unesco.
L’appartenenza comporta “l’obbligo di garantire l’identità, la protezione, la conservazione, la
valorizzazione e la trasmissione alle generazioni future di questo patrimonio”. L’aver avuto dalla più
importante Organizzazione Mondiale il riconoscimento per un pregio ambientale e monumentale così ampio
e cospicuo nei numeri, è per tutta la collettività iblea un grande onore, ma anche una responsabilità
enorme, considerati i principi dell’UNESCO. Basti dare uno sguardo agli altri siti italiani per capire
con quali grandi opere stiamo condividendo questa enorme responsabilità di salvaguardia di un patrimonio
culturale che supera oramai i confini nazionali. Essere titolari di un così alto numero di monumenti è sì meritorio, ma comporta una serie di iniziative non indifferenti per mantenere in vita e valorizzare al
massimo questo patrimonio. A dire il vero Ragusa si trovava già in grande vantaggio rispetto a tutti gli
altri sette comuni, grazie alla allora già ventennale applicazione della Legge Speciale su Ibla. Molti
dei principi UNESCO e delle direttive contenute nel successivo Piano di Gestione erano in parte già
applicate. Quindi nell’arco di vent’anni Ragusa viene investita di due grandi riconoscimenti: la legge
regionale 61/81 e l’iscrizione nella World Heritage List. Ma mentre per la legge 61 la gestione veniva
affidata al Comune di Ragusa, che la applicava talmente bene da far diventare Ibla un fenomeno di
carattere europeo, ponendola all’avanguardia nel settore del recupero dei centri storici, per quanto
riguarda l’appartenenza all’Unesco, Ragusa entra a fare parte di una complessa macchina che dovrebbe
funzionare in sincronia con gli altri siti del Val di Noto, secondo un altrettanto complesso Piano di
Gestione che ha nella sinergia il suo metodo attuativo. Il principio cardine su cui si fondano la
strategia generale e la struttura del Piano di Gestione Operativo per il sito UNESCO “Le Città Tardo
Barocche del Val di Noto” è quello “dell’integrazione di sistema”. Del resto il contenuto fondamentale
sta proprio nell’enunciato della nomina che descrive la ricostruzione post-terremoto come “considerevole impresa collettiva” e, quindi, con la stessa logica, rimette insieme dopo circa 300 anni quelle città.
Quindi Ragusa non è un sito UNESCO completamente autonomo, ma fa parte di un “sistema”, è parte integrante di un sistema. Per gli interventi finanziari, per gli interventi di immagine, per l’attuazione di strategie a breve, medio e lungo termine, deve fare i conti con tutti gli altri. Se uno solo degli otto ingranaggi si inceppa, si inceppa tutto il meccanismo. E questo è ciò che è di fatto successo: il meccanismo si è inceppato. Il Piano di Gestione è lettera morta, ma, cosa ancor più grave, gli otto siti non dialogano tra di loro. Nessuna iniziativa per accedere a finanziamenti europei, nazionali e regionali, nessuna ricerca di legislazione italiana ed europea sulla disponibilità di fondi da ottenere in maniera diretta e indiretta, nessuna precedenza, nessuna partnership con altri siti sparsi per il mondo, nessuna organizzazione unitaria del decennale…e non perché Ragusa dorme, ma perché non c’è coordinamento tra i vari siti. L’unione, invece di creare una forza, ha creato una debolezza. Sono tutti temi affrontati durante il convegno organizzato dal Comune di Ragusa, in collaborazione con il Consorzio Universitario, il 27 giugno scorso presso l’aula magna dell’ex distretto militare. Sia l’assessore alla cultura Sonia Migliore che il presidente del Consorzio Universitario Enzo Di Raimondo hanno messo in evidenza l'enorme potenzialità di Ragusa, le bellezze, la grande risorsa che rappresenta il suo patrimonio ambientale, architettonico ed artistico (ben rappresentato dalla pubblicazione di Sergio Russo “Ragusa Ibla, viaggio nel Barocco” presentata al pubblico per l’occasione), gli sforzi fatti fin qui per dotare il territorio di servizi e di offerte culturali articolate, così come sono emerse anche alcune criticità che fanno capire, come ho più volte ribadito nel mio intervento sul riconoscimento Unesco, come tutto questo non basti.
L’Arch. Ray Bondin il 17 dicembre 2003, durante un sopralluogo a Ibla, affermava: “Il vostro è un
territorio che non ha ancora sfruttato il riconoscimento. Alla consapevolezza della unitarietà degli otto comuni iscritti nella Lista Unesco manca ancora la traduzione in sistema. Attenzione, il riconoscimento UNESCO non è un dato acquisito una volta per tutte”. Il riconoscimento, così come è stato dato, può
essere tolto. Il 25 gennaio 2004 è stato sottoscritto il protocollo d’intesa denominato “Distretto
Culturale del Sud-Est” da parte degli 8 comuni del Val di Noto inseriti nella Lista UNESCO. Il
“Consorzio”, è scritto, “avrà il compito di valorizzare i beni culturali patrimonio dell’Umanità e
promuovere le realtà territoriali ricadenti nel Val di Noto nell’ambito di un progetto di azione comune
più ampio e integrato”, così come del resto indicato dall’UNESCO stesso che vede nel riconoscimento un
mezzo per rivalutare anche l’ambiente, l’intorno che ha dato origine all’opera. Per fortuna Ragusa ha la
legge 61/81, e dobbiamo essere grati a chi allora ebbe questa grande intuizione e si battè per farla
approvare e successivamente attuare. Finora abbiamo affidato a questo strumento tutte le aspettative
finanziarie per il recupero e la salvaguardia del centro storico di Ragusa in generale, e quindi anche
dei 18 monumenti inseriti nel patrimonio UNESCO, ma sappiamo tutti a quali sabotaggi la legge è
sottoposta ogni anno al momento del rifinanziamento.
Ma allora, dobbiamo solo avere l’onere della salvaguardia e del mantenimento in vita, a nostre
esclusive spese, di questi monumenti o ci sono delle iniziative alle quali poter aderire, proprio perché
sito UNESCO?
La collettività ragusana ha accolto con entusiasmo questo riconoscimento, però, dopo quasi 10 anni,
questo entusiasmo si è sopito. L’essere sito Unesco è diventato normale, un marchio buono da utilizzare
sulla carta intestata o nella cartellonistica stradale, un logo che passa oramai inosservato.
La gente si chiede: ma, stringi stringi, qual è il vantaggio? Può essere che tutto “finisca” dal
momento della iscrizione nella World Heritage List? Ma, allora, perché tanti altri paesi tentano con
grande determinazione di avere questo ambito riconoscimento?
Penso che invece tutto debba avere “inizio” dal momento della iscrizione. Penso sia arrivato il
momento di chiedersi come sfruttare tutte le opportunità dell’essere sito Unesco, da soli o in
compagnia. Per fare ciò è necessario una revisione di quanto fatto e accaduto in questi 10 anni ed avere
il coraggio di modificare quanto non funziona, di eliminare quelle parti che bloccano l’operatività del
Piano di Gestione o di modificarlo. Il problema maggiore, però, è riunire
attorno ad un tavolo gli otto comuni che sono stati inseriti nella Lista e far capire loro che bisogna
lavorare in una logica di “sistema”, così come detto e scritto dall’UNESCO. Non ci sono altre vie
d’uscita. L’idea di fughe in avanti, di primogeniture o di ruoli guida dettati da logiche politiche,
porterà, nel giro di pochi anni, alla revoca del riconoscimento.
Autore: Carmelo Bruno Cosentini
Cos’è l’ U.N.E.S.C.O: United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization
L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura è stata fondata a
Londra il 16 Novembre 1945, è operativa dal 1946.
La Conferenza Generale dell’UNESCO ha adottato The World Heritage Convention il 16 Novembre 1972.
L’UNESCO ha riconosciuto, al 19 Giugno 2011, 936 siti (725 Beni Culturali, 183 Naturali e 28 Misti)
presenti in 153 Paesi del Mondo.
L'obiettivo dell'Organizzazione è quello di contribuire alla pace e alla sicurezza
promuovendo la collaborazione tra le Nazioni attraverso l'educazione, la scienza e la cultura onde
garantire il rispetto universale della giustizia, della legge, dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali che la Carta delle Nazioni Unite riconosce a tutti i popoli, senza distinzione di razza,
sesso, lingua o religione.
L'UNESCO è composto da tre organismi:
La Conferenza generale è l'organo sovrano dell'UNESCO, che riunisce tutti gli Stati
membri ogni due anni e determina i programmi e i budget.
Il Consiglio esecutivo, nel quale sono rappresentati 58 Stati membri, è in pratica
il consiglio d'amministrazione con il compito di verificare la realizzazione delle decisioni della
Conferenza generale e di preparare il lavoro di quest'ultima.
La Segreteria ha l’incarico di mettere in pratica gli impegni assunti dagli Stati
membri.
La sede centrale dell'UNESCO è a Parigi, gli Stati membri sono 190 (ottobre 2003).
La Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco, istituita nel 1950, ha lo scopo di favorire la
promozione, il collegamento, l’informazione, la consultazione e l’esecuzione dei programmi UNESCO in Italia.
Commissione Risanamento Centri Storici:
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