Ragusa Sottosopra - Anno XII - N° 1
Itinerari
Attraverso i ponti
Cronaca di una passeggiata nel quartiere Littorio
Siamo appena usciti dalla chiesa di Santa Teresa del Monastero delle Carmelitane Scalze di Ragusa. Indico la bella
prospettiva delle vie Marsala e Dr. Filippo Pennavaria. Il rettifilo delle strade conduce alla vista della Torre della
Piazza Impero oggi Libertà. Si staglia perfettamente in asse con la strada. La vista è completata dai due sottopassaggi che
immettono nella piazza costruita dal 1932 al 1937.
Il raccordo fra torre e sottopassi è operato da un lungo ballatoio in asfalto. L’andamento orizzontale del ballatoio è ripreso al di sopra dei finestroni da una cornice marcapiano su cui corre una serie di monofore sotto il taglio netto del
volume orizzontale che contrasta bellamente con l’arditezza della torre.
E’ quella la meta ultima della nostra passeggiata, il paradigma di un felicissimo innesto fra nuovo e vecchio ideato
da Ernesto Bruno La Padula. Ora “i cento e cento” della sesta passeggiata (organizzata il 13 novembre scorso da “Insieme in
città”) ci immergiamo in strade in parte ottocentesche, in parte novecentesche e raggiungiamo la zona degli ospedali che il
“Piano Regolatore” di La Grassa previde nel 1929 prospiciente ad una serie di piazze dall’andamento circolare. Siamo fermi
in una di queste piazze, aperta davanti al Sanatorio o Turbecolosario che fu costruito nel 1931 su progetto dell’Ufficio
Costruzioni Sanatoriale di Roma. Ma che galleggiamo su un precario relitto di quel Piano Regolatore incompreso e inattuato, lo scorgiamo subito con evidenza: a poca distanza dal Sanatorio, oggi Ospedale G.B. Odierna, nel 1929 era stato iniziato
l’Ospedale Benito Mussolini, completato nel 1932 su progetto dell’ing. Domenico Caterina. Giustamente il Piano Regolatore
di La Grassa prevedeva un collegamento che superasse il dislivello fra i due nosocomi, mediante due rampe rotabili, che
lasciavano al centro due gradinate per i pedoni.
Grazie dunque ai misteri delle applicazioni burocratiche di un Piano certamente pregevole, spesso non studiato, siamo
costretti a un lungo giro vizioso che ci obbliga a percorrere a ritroso la via del Sanatorio, oggi ing. Giovanni Migliorisi, imboccare il viale Leonardo Da Vinci e finalmente poter raggiungere l’attuale Ospedale Civile che in linea d’aria dista
poche decine di metri dall’altro Ospedale.
Percorriamo poi il viale alberato che unisce, attraversando due ampie piazze circolari, l’ospedale alla stazione. La
piazza circolare, oggi del Popolo, allora del Littorio, era stata pensata nel Piano La Grassa come il centro pulsante del
nuovo quartiere. In essa erano previsti gli affacci della Casa del Fascio, della Casa del Balilla, e perfino il Palazzo
delle Poste. Certamente la realizzazione di quell’idea avrebbe notevolmente compromesso l’innesto del nuovo nel centro
storico di Ragusa. L’aver costruito l’edificio delle Poste di fronte al Comune ha creato infatti la piazza del Municipio
arricchendo di un “polo” civile il centro. Ma soprattutto contribuì felicemente allo scopo dell’innesto del nuovo nel
vecchio l’aver spostato il centro pulsante del nuovo quartiere dalla piazza del Littorio, davanti alla stazione, alla piazza Mussolini creata con nuova forma all’imbocco del nuovo ponte che sagge considerazioni logistiche e tecniche avevano convinto di costruire nel punto più stretto della vallata e in prolungamento della via Addolorata, oggi via Roma.
Ci muoviamo perciò dall’ex piazza del Littorio percorrendo via Dante che insieme al viale della Stazione e il viale
Leonardo da Vinci segnano l’avvento dei viali alberati a Ragusa.
Notiamo, percorrendo la strada, la prospettiva del palazzo del Tribunale, al posto del quale doveva sorgere la grande
piazza triangolare dell’approdo dei ponti sull’altra sponda della Cava Santa Domenica.
Notiamo ancora i vari palazzi degli impiegati, postelegrafonici, impiegati dello Stato, che la fiancheggiano e che
rappresentano i primi palazzi condominiali a Ragusa.
La comunicazione tra di noi non è sempre pacifica, perchè mille, imprevedibili osservazioni si intrecciano fra i componenti
del gruppo e solo qualcuna di essa si trasforma in domanda formalizzata. Ma in passeggio, si sa, la conversazione è libera
più che nei salotti.
Quando perveniamo all’ingresso orientale dell’allora piazza Mussolini, poi Impero, oggi Libertà, è come se entrassimo in
chiesa dalla sacrestia. Ma è giusto sia così, perchè è soprattutto dai particolari, dai dettagli che si percepisce la
felicità di una creazione artistica, che in questo caso raggiunge le dimensioni urbanistiche. Ne è autore Ernesto Bruno La
Padula (1902-1968). Si dice che ne sono autori La Padula e Francesco Fichera (1881-1950). Senza nulla togliere alla
grandezza dell’architetto catanese particolarmente attivo in quegli anni a Ragusa, la modifica della forma della piazza da
circolare, come era prevista nel piano La Grassa, a quella di un pentagono allargato concluso da una sorta di esedra
circolare costituita dagli edifici ideati nel 1931 dal Fichera, si deve esclusivamente a La Padula.
Sull’idea di realizzare una serie di edifici in questa piazza, che agli inizi pare avesse il nome di piazza della
Rivoluzione, La Padula sembra ritornare più volte, come testimonia l’elenco delle opere pubblicato in Opere e scritti
di E. B. La Padula, a partire dal 1931, in cui si cita la Casa del Fascio, Casa Sozzi e Casa Schininà.
Sembra assodato che l’idea dell’intervento fosse condivisa con convinzione dall’ing. Rosario Sozzi, titolare dell’
impresa Edile La Nuova Provincia di Ragusa, amico del Fichera, che aveva studiato a Roma. Non è difficile ipotizzare che
tutti quanti ruotassero intorno al nume tutelare dell’architettura italiana di questo periodo, Marcello Piacentini.
Forse, anche fra di noi, molti conoscono Ernesto Bruno La Padula come autore del palazzo della Civiltà del Lavoro,
all’Eur, più comunemente noto come Colosseo Quadrato.
Ma pochi sanno che Ernesto Bruno La Padula disse che “avrebbe dato dieci anni della propria vita” per non aver costruito il Palazzo dell’Eur così come fu realizzato per gli invasivi interventi del Piacentini.
E invece, per gli edifici da realizzare a Ragusa entro il 1937, quando sarebbe stata inaugurata la piazza col nome di Mussolini, in occasione della sua prevista visita a Ragusa, egli ebbe in pratica carta bianca, come, naturalmente,
denunciano gli immancabili esposti dei professionisti locali esclusi. Il più battagliero di questi fu l’ingegnere Giovanni
Migliorisi a cui stranamente venne affidato l’incarico di direttore dei lavori della Casa del Fascio“ come compenso della
mancata accettazione del progetto da lui redatto per la Casa stessa”.
Insomma, sembra di capire che il La Padula e il Sozzi riuscirono a convincere Filippo Pennavaria a realizzare tutti
gli edifici gravitanti sulla piazza secondo un unico disegno, quello appunto di La Padula.
Per questo la costruzione della Casa del Balilla e della Casa del Fascio vengono affidati a trattativa privata, ma la “
Nuova Provincia” di Ragusa non solo deve acquistare in proprio il suolo su cui sorge la piazza, ma accetta inoltre di
anticipare le somme necessarie all’intero svolgimento dei lavori con un esiguo acconto alla data del 31 dicembre 1935 e il
resto più importante della somma in dodici annualità a partire dal 1936. Concludendo, non si va molto lontano dal vero se
si dice che l’opera fu realizzata quasi in perdita esclusivamente per l’ambizione di un architetto, per l’orgoglio
professionale dell’impresa che ne condivise l’idea e per il mecenatismo di Filippo Pennavaria. E nelle pagine pubbicitarie
di quegli anni, non a caso la fotografia della piazza diverrà il logos della “Nuova Provincia” di Ragusa.
Il risultato è una delle più belle piazze d’Italia realizzate dal fascismo e certamente la più bella in Sicilia. In
nessun altro caso in Sicilia, nemmeno a Palermo, dove gli architetti chiamati dal Regime avevano a disposizione somme più
consistenti, si riuscì a trasformare l’immagine della città, innestandola felicemente nel vecchio disegno urbano
ottocentesco, ma anzi, generalmente, le architetture monumentali pensate per una città moderna stridono fortemente con le
asfittiche maglie geometriche che restano incapaci di dare spazi a nuovi luoghi urbani. La Padula, e con lui Sozzi, osò
oltre ogni ardire costruendo il lato sinistro (per chi guarda la torre) come case private, citate come case Sozzi e
Schininà nell’elenco delle opere di La Padula. Nelle prime mappe progettuali conservate nell’Archivio La Padula questo lato della piazza è indicato come “edifici pubblici”, ma si vede che la lievitazione della spesa per la costruzione della Casa
del Fascio distolse il Pennavaria dal richiedere altri finanziamenti per il completamento della piazza.
Le malevoli insinuazioni del direttore dei lavori ing. Giovanni Migliorisi circa lo storno di notevoli somme che avrebbero
spiegato in parte l’enorme lievitazione degli importi previsti rispetto alle somme effettivamente spese furono messe a
tacere con un’amara sorpresa per il Migliorisi, che quando presenterà la parcella per la mansione di direttore si sentirà
fascisticamente rispondere che un camerata è tenuto a prestare gratuitamente la propria opera in favore della federazione.
Del resto il rospo, che stavolta toccò ingoiare al Migliorisi, qualche anno prima toccò ingoiarlo al Sozzi quando si
vide rigettare il 30 settembre del 1932 il ricorso contro l’aggiudicazione fatta dal Comune il 20 settembre dell’
appalto-concorso per la costruzione del Ponte di via Roma alla ditta ing. Aurelio Aureli di Roma, scartando il progetto
presentato dalla “Nuova Provincia” che prevedeva due ipotesi, una in cemento armato e una in pietra disegnati
dall’accreditatissimo prof. ing. architetto Francesco Fichera.
Lo smacco per il Sozzi fu enorme e diede luogo a una serie molto nutrita di esposti anonimi che chiamavano in causa le
tecniche costruttive e la difesa del magistero delle maestranze e della professionalità locale. E forse la strana
commissione di opere così cospicue a trattativa privata fu anch’esso un tacito compenso alla “Nuova Provincia” di Ragusa
per non aver ricevuto l’aggiudicazione del Ponte. Una commissione con cui Sozzi si accreditava con “La Nuova Provincia”
come la più grossa impresa edile della provincia. Sull’angolo del Ponte Nuovo con la Piazza Impero i più anziani di noi
ricorderanno la pubblicità della “Nuova Provincia” di Ragusa, opportunamente allocata negli edifici di proprietà del Sozzi.
Avevo detto che stavamo entrando nella piazza dalla porta della sacrestia, in questo caso rappresentata dai due
sottopassi alla base della torre littoria che bilancia con il suo forte stacco verticale l’andamento fortemente orizzontale degli edifici che circondano la piazza. E come succede in chiesa siamo subito catapultati sul luogo dell’altare, qui del
sacrario che precede il sacello dedicato al Milite ignoto, immediatamente sotto il balcone dell’arengario, in verticale
corrispondenza con la restante struttura della torre, e dinnanzi a noi si allarga la ammirevole prospettiva della piazza.
La essenziale nudità delle forme, non intaccate dal minimo orpello decorativo, esalta l’energico protendersi dei due corpi
di fabbrica ad abbracciare le circa 30.000 persone a contenere le quali è stata progettata la piazza. Ad esaltare la
purezza delle forme geometriche contribuisce l’uso dei materiali locali, del calcare e dell’asfalto, usate come paramento
degli edifici e la cura del dettaglio, che si può apprezzare nelle soluzioni delle aperture: bellissime quelle che
prospettano su via Pennavaria.
L’innesto di due grandi terrazze nei due bracci laterali, che corrispondono alle due terrazze che fiancheggiano la
torre littoria, creano un gradevole variare di volumi, accentuato da una attenta corrispondenza di volumi, al posto di una
scontata simmetria.
Si percepiscono subito le diverse funzioni che hanno indotto la diversa entità degli stessi, e che a nostro avviso andavano rispettate nella ricostruzione da parte della Soprintendenza dell’ala crollata che riguardava l’auditorium, struttura che sarebbe stata utile anche alla Soprintendenza, ma estremamente preziosa per questa parte della città. Si tratta di una grave occasione perduta per la rivitalizzazione del centro storico, anche perché, come al solito, non si è voluto aprire un dibattito sulla destinazione d’uso di un edificio che, in quanto pubblico, appartiene all’intera comunità. Si è preferito invece l’esercizio delle proprie esclusive (quand’anche legittime) competenze. La cura del dettaglio per La Padula investì, come era allora in uso, ogni particolare della costruzione, dagli infissi ai pavimenti e là dove previsto alle attrezzature sportive come nella Casa del Balilla, poi (G.I.L.) Gioventù Italiana del Lavoro. Se non piovesse, ci prenderemmo un momento di tempo libero per godere più pienamente questa piazza che, per l’ora e il giorno festivo, non risulta particolarmente congestionata dal traffico automobilistico, rassegnando alla città il desiderio che ne sia definitivamente liberata. E si può.
Autore: Giorgio Flaccavento
Chiesa S.Teresa del Monastero delle Carmelitane Scalze
Via Marsala
I partecipanti alla passeggiata nella piazzetta Ex Sanatorio
Prospettiva di via Ing.Migliorisi e di P.zza Igea (a destra)
Piazza del Popolo
Prospettiva di viale Ten. Lena e via Dante (a destra)
Piazza Libertà - La torre Littoria
Piazza Libertà 1934 - Palazzo Consiglio delle Corporazioni (tratto da "Immagini di una città in crescita" di M.Nobile)
Piazza Libertà 1937 (tratto da "Immagini di una città in crescita" di M.Nobile)
Panoramica quartiere Littorio (tratto da "Immagini di una città in crescita" di M.Nobile
Il prospetto su via Pennavaria
Viale Leonardo Da Vinci
Piazza Libertà - Le costruzioni del lato sinistro guardando la torre
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