Castello di Donnafugata
Donnafugata: masseria fortificata, casina neoclassica, castello neogotico, riflessioni su una mutazione
A Palermo il giardino sarebbe sorto a caratterizzare un importante nodo di espansione urbana: la Via Libertà era destinata a divenire l'asse residenziale borghese per antonomasia, quindi auspicabile cuore della città non suo margine avulso.
Questo spiegherebbe le scelte iconografiche del Basile che in modo programmatico riunisce modelli italici, come il tempio di Vesta, e riferimenti precisi alla architettura siculo-normanna.
Quasi a dare dignità storica ad un tessuto di nuova espansione, che non disconosceva le origini della città da cui si era generato, e nel contempo dare tangibile riconoscibilità a ruolo sociale del ceto in ascesa cui era destinato.
Al contrario la scelta a Caltagirone del neomoresco, assolutamente avulso da qualsiasi contestualizzazione
storico-culturale, se non per vaghi riferimenti alla presenza araba nella zona, va ricondotta piuttosto ad un ambito
letterario, svincolato da risvolti sociali. L'area dell'impianto era infatti di espansione territoriale piuttosto
che urbana, destinata pertanto a rappresentare un luogo di evasione contemplativa intrisa di suggestioni letterarie, volto
all'esclusivo godimento paesaggistico.
E non è quindi un caso che a Donnafugata l'uso dell'evocativo linguaggio neogotico si fonda con la nascita di una
serie di leggende mutuate in parte dalla storia locale, come quella del rapimento della regina Bianca di Navarra, e in
parte dalle vicende private dello stesso barone, con la fuga d'amore della nipote Clementina con il francese Lestrade,
ospite del nonno a Donnafugata. Un caso di invenzione della tradizione, tipico fenomeno ottocentesco, che si accompagna
alla nascita di un castello.
Non ultimo va considerato che in tutta Europa il revival gotico si affianca alla ricerca dell'indennità nazionale (si
pensi alle lotte degli Arezzo per la supremazia di Ibla) e alle guerre patriottiche e di liberazione (conosciamo l'azione
antiborbonica condotta da Corrado anche sulle pagine del giornale satirico palermitano "Il Gatto"). Un binomio
per lo più indiscindibile quello di Neomedioevo e politica.
Del resto, il castello di Donnafugata si inquadra in un momento di profondi cambiamenti storico-sociali, quando ci
si trovò a dovere affrontare i retaggi di numerosi problemi risolti solo in parte dal governo borbonico.
Nelle città le tematiche urbanistiche erano legate alla necessità di creare quartieri operai a supporto delle zone
industriali, zone residenziali, collegamenti tra il centro antico e le zone di nuova espansione, comunicazioni più
agevoli.
A Ragusa le vicende postunitarie erano le stesse rispetto al resto d'Italia con la differenza che il quadro politico
si caratterizzava per un certo "primitivismo" e per il dominio incontrastato della scena politica da parte
della nobiltà o comunque della ricca borghesia.
Non è un caso che l'Arezzo riesca a far deviare verso Donnafugata un tratto della linea ferrata Siracusa-Licata.
Così come non è un caso che si inasprirono le imposte indirette che danneggiavano soprattutto i ceti meno
abbienti, mentre si
applicarono con moderazione le imposte dirette che gravando sulla proprietà privata avrebbero leso prevalentemente gli
interessi dei ceti ricchi. In un ambito in cui le problematiche sociali in tutta Italia erano pressanti, Ragusa mantiene
la peculiare lotta intestina tra "sangiorgiari" e "sangiovannari", tra i rappresentanti di Ragusa
Superiore, prevalentemente borghesi o comunque aristocratici di recente origine, tra cui emergevano gli Schininà e quelli di
Ragusa Ibla o Inferiore, della più antica nobiltà rappresentanti proprio dal barone Corrado Arezzo.
Naturale conseguenza dell'estrazione alto borghese e aristocratica degli esponenti politici fu la scelta di
adeguare Ragusa ai canoni di quel decoro cui ogni città doveva uniformarsi, ma puntando, come del resto avvenne anche a
Palermo, su strutture ed edifici rappresentativi o comunque autocelebrativi per il ceto dominante.
Se questo avveniva in ambito urbano, a maggior ragione l'istanza di autorappresentatività si faceva più consistente per
le abitazioni private, investite del ruolo tangibile manifesto del potere della famiglia.
Vari dovettero essere i fattori condizionanti la brusca virata subita dal progetto nel passaggio da elegante ma
sobria casina neoclassica a sontuoso castello. Forse il sempre crescente potere politico di Corrado, o il suo matrimonio e i beni
ricevuti in dote o la morte del padre e la sua designazione quale erede universale.
Il fascino di Donnafugata è anche questo: suggerire sempre nuove direzioni di indagine e aprire squarci nel mistero che
avvolga la sua storia.
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Tutto il materiale è tratto dal testo "Donnafugata il castello" edito da: Filippo Angelica Editore
I testi sono a cura di: Carmelo Arezzo, Gaetano Cosentini, Milena Gentile, Biagio Guccione, Giacometto Nicastro
Le schede Botaniche sono di: Tiziana Turco Le Foto di: Giuseppe Leone
Si ringraziano l'editore e gli autori per la gentile concessione
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